Vaiolo delle scimmie, i primi dati del genoma per capire da dove viene il virus

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(Foto: Krzysztof Hepner on Unsplash)

In Europa salgono a oltre 100 i casi di vaiolo delle scimmie, malattia virale causata dal monkeypox virus, che si diffonde tipicamente attraverso un contatto stretto e che finora raramente si era diffusa al di fuori dell’Africa occidentale e centrale. Un aumento, quello registrato nell’ultimo periodo, che ha spinto l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) a tenere una riunione di emergenza dello Stag-Ih (Strategic and technical advisory group on infectious hazards with pandemic and epidemic potential), comitato che fornisce consulenza sui rischi che potrebbero rappresentare una minaccia per la salute globale, per discutere del recente focolaio, quello che la Germania ha descritto come il più grande mai registrato in Europa, con casi segnalati anche in Italia (4 casi), Belgio, Francia, Paesi Bassi, Svezia, Portogallo, Spagna e Regno Unito, oltre che negli Stati Uniti, Canada e Australia.


Casi in Europa: le differenze tra vaiolo delle scimmie e vaiolo umano


Ricordiamo che dal 1970 sono stati segnalati casi di vaiolo delle scimmie in 11 Paesi africani e dal 2017 la Nigeria ha registrato un grande focolaio ancora in corso. Il primo caso europeo è stato confermato all’inizio di maggio in un individuo tornato in Inghilterra dalla Nigeria e da allora oltre 100 casi sono stati confermati al di fuori dell’Africa. Molti di questi, tuttavia, non sono legati ai viaggi nel continente, o nelle aree in cui il vaiolo è endemico, e di conseguenza, la causa di quest’ultimo focolaio non è ancora stata chiarita. Inoltre, la maggior parte è stata rilevata attraverso i servizi di salute sessuale. “Penso che l’idea che ci sia una sorta di trasmissione sessuale sia forzata”, ha commentato Stuart Neil, professore di virologia al Kings College di Londra. Non bisogna però stigmatizzare le persone affette dal vaiolo delle scimmie. È questo l’invito di Hans Kluge, direttore dell’Oms Europa, che prosegue: “la maggior parte dei casi attualmente oggetto di indagine in Europa è finora lieve. Il vaiolo delle scimmie è solitamente una malattia autolimitante e la maggior parte delle persone infette guarisce entro poche settimane senza trattamento. Tuttavia, la malattia può essere più grave, specialmente nei bambini piccoli, nelle donne in gravidanza e negli individui immunocompromessi”.

Precisiamo, tuttavia, che non c’è pericolo che questa epidemia si possa trasformare in una pandemia come quella della Covid-19, dato che il virus non si diffonde così facilmente come quello del coronavirus. “Sembra che in questo momento ci sia un basso rischio per la popolazione generale”, ha affermato a Reuters un funzionario dell’amministrazione statunitense. Il monkeypox virus, inoltre, è solitamente una malattia virale lieve, caratterizzata da sintomi simil-influenzali come febbre, stanchezza e cefalea e una tipica eruzione cutanea che, secondo quanto riferito dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, nella maggior parte di questi ultimi casi si è presentata con ulcerazioni orali e genitali. E anche se ancora non esiste un vaccino specifico per questa malattia, i dati disponibili in letteratura mostrano che le vaccinazioni antivaiolose sono efficaci fino all’85%. “È molto improbabile che questa epidemia duri a lungo”, ha commentato Fabian Leendertz, del Robert Koch Institute. “I casi possono essere ben isolati tramite il tracciamento dei contatti e ci sono anche farmaci e vaccini efficaci che possono essere utilizzati se necessario”.

Per provare a chiarire la causa esatta del focolaio, gli scienziati stanno ora sequenziando il virus da diversi casi per vedere se sono collegati tra loro. E i primi risultati cominciano ad arrivare: le tre sequenze analizzate in Portogallo, Belgio e Stati Uniti sembrano essere simili tra loro e molto vicine a quelle isolate nel 2018 in Nigeria e nel Regno Unito. Ciò che non è ancora chiaro è se questo virus abbia mutazioni che lo rendono più trasmissibile negli esseri umani, il che spiegherebbe perché l’attuale focolaio è così diffuso e di gran lunga il più grande visto al di fuori dell’Africa centrale e occidentale. Man mano che verranno sequenziati più campioni, dovrebbe diventare chiaro se, come ipotizzato, una singola variante del vaiolo delle scimmie sia responsabile di tutti i casi dell’ultimo focolaio. Ma stabilire se c’è qualcosa di unico in questa variante non sarà facile. Anche con il coronavirus, infatti, è difficile collegare particolari mutazioni a cambiamenti nella trasmissibilità. Basti pensare, inoltre, che il virus del vaiolo delle scimmie è molto più grande, circa 200mila basi azotate di dna rispetto alle 30mila di rna del coronavirus.

Via: Wired.it

Credits immagine: Krzysztof Hepner on Unsplash