Valkyrie, i robot che andranno su Marte

Il primo umanoide che metterà piede su Marte potrebbe essere un robot. Questo almeno è il piano della Nasa, che pensa di inviare sul pianeta rosso quattro dei suoi Valkyrie (uno dei robot più avanzati mai sviluppati, il cui prezzo si aggira intorno ai 2 milioni di dollari), perché aiutino a costruire un habitat in grado di ospitare i primi esploratori umani. Sulla data di questo viaggio per ora non ci sono certezze, ma ci sarà da aspettare visto che l’obbiettivo dell’agenzia spaziale americana è di portare i suoi astronauti su Marte intorno al 2030. Due decadi di attesa dunque, giusto il tempo che servirà a tecnici e ricercatori per adattare i robot all’ambiente marziano, e programmare i loro sistemi digitali per renderli in grado di operare autonomamente su Marte. Per questo la Nasa ha già dato inizio ai preparativi, chiedendo l’aiuto di ricercatori dell’Mit, della Northeastern University e dell’Università di Edimburgo.

Il ritardo nelle comunicazioni dovuto alla distanza del pianeta rende infatti impossibile pilotare direttamente robot e sonde sulla sua superficie.

E i programmi sviluppati per i rover come Curiosity Opportunity non sono sufficientemente sofisticati per le operazioni richiesti a robot come i Valkyrie.

“Con i rover uplodiamo le informazioni necessarie per le operazioni all’inizio della giornata”, ha raccontato all’Associated Press Robert Platt, ricercatore della Northeastern University che partecipa al team di esperti che collabora con la Nasa. “Ma si tratta di istruzioni come “vai li”, o “controlla quella roccia”. Assemblare un paio di habitat è una storia completamente diversa”.

Per ora, tre dei quattro Valkyrie sono stati spediti a i centri di ricerca che collaborano al progetto, per permettere a studenti e ricercatori di familiarizzare con i loro 200 sensori e le loro 28 articolazioni. Più avanti, i tre team inizieranno a lavorare sui loro software, per metterne alla prova e migliorarne la capacità di compiere operazioni complesse, come la manipolare oggetti, o salire delle scale.

Anche al termine di questi progetti, ci sarà ancora molto da fare per preparare i robot alla loro missione: bisognerà adattarne l’involucro alle condizioni ambientali di Marte, dove l’onnipresente sabbia rossa rappresenta un problema per qualsiasi apparato tecnologico, e si dovranno potenziare le capacità di apprendimento dei loro cervelli, per permettergli di operare autonomamente a centinaia di milioni di chilometri dalla Terra.

Alla fine, ammette Platt, gli androidi che compiranno il primo passo su Marte potrebbero non essere nemmeno i Valkyrie, ma un qualche successore, frutto delle ricerche dei prossimi anni. Quel che è certo, almeno per l’esperto della Northeastern University, è che riusciremo a sviluppare robot in grado di portare a termine la missione.

“Presto una serie di conquiste tecnologiche, come processori più potenti e algoritmi di machine learning più efficienti, permetteranno ai Valkyrie, o a robot simili a loro, di svolgere i compiti necessari”, assicura Platt. “La robotica negli ultimi anni sta facendo passi da gigante, basta pensare alla comparsa dei droni, o dei veicoli autonomi. È una di quelle situazioni in cui lavori agli stessi problemi per decenni e decenni, e poi di colpo inizia a muoversi qualcosa”.

Via: Wired.it

Simone Valesini

Giornalista scientifico a Galileo, Giornale di Scienza dal 2012. Laureato in Filosofia della Scienza, collabora con Wired, L'Espresso, Repubblica.it.

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  • ..alla Boston Dynamics sono anni luce avanti a questo robot, a vederlo non sembrerebbe così prestante (ma sicuramente assemblato col meglio che c'è sul mercato)

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