Se il Viagra protegge il cuore e prolunga la sopravvivenza dei cardiopatici

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Forse non tutti lo sanno, ma l’impotenza maschile può essere uno dei primi segnali di problemi o di un aumentato rischio cardiovascolare. Tanto che il Viagra, la per antonomasia, nota per combattere la disfunzione erettile, potrebbe far bene anche al cuore. Già varie prove lo suggerivano e oggi uno studio dell’Ospedale universitario Karolinska a Stoccolma indica che il Viagra e altri farmaci della stessa categoria potrebbero prolungare la sopravvivenza dei pazienti cardiopatici più di terapie locali sempre contro l’impotenza. I risultati sono pubblicati sul Journal of the American College of Cardiology.

Sesso e salute cardiaca, in qualche modo collegati

La storia del Viagra è collegata da tempo a quella della salute cardiaca. Il farmaco, infatti, è stato sintetizzato per la prima volta nel 1989 e studiato nell’essere umano nei primi anni ’90. Nacque con l’obiettivo di trattare l’ipertensione arteriosa e l’angina pectoris. Tuttavia fin dall’inizio mostrò scarsi risultati e si palesò invece un effetto collaterale particolare, ovvero una dilatazione dei vasi che favoriva l’erezione.

Anche l’aneddoto storico, dunque, sembra suggerire un collegamento fra impotenza e salute del cuore. E diversi studi hanno mostrato che l’impotenza maschile è spesso un primo campanello d’allarme di malattie cardiovascolari. Una delle motivazioni è probabilmente da rintracciare nel collegamento fra disfunzione erettile e disfunzione endoteliale – dove l’endotelio è il rivestimento dei vasi sanguigni, linfatici e del cuore. Questo legame è stato mostrato da vari studi, fra cui un articolo sulla rivista Vascular Medicine, che suggeriva di porre attenzione alla disfunzione erettile, soprattutto nei più giovani, come segno di allerta per problemi cardiaci.

Le terapie contro la disfunzione erettile

Ad oggi le principali opzioni terapeutiche disponibili per l’impotenza sono due. La prima consiste in una terapia locale, tramite iniezioni intracavernose, con alprostadil, un farmaco che dilata i vasi sanguigni e favorisce l’erezione. L’alternativa, sistemica (in compresse), è rappresentata dagli inibitori delle PDE5 – enzimi che concorrono alla tumescenza del pene e all’erezione. Questi inibitori sono il sildenafil (nome commerciale Viagra), il tadalafil e il vardenafil.

Ma gli inibitori delle PDE5 sono dei vasodilatatori e abbassano la pressione sanguigna e per questo non erano raccomandati nei pazienti con coronaropatie a causa dell’aumentato rischio di infarto. Tuttavia, nel 2017, il gruppo di Martin Holzmann, che coordina anche lo studio odierno, aveva mostrato che gli uomini che avevano avuto un infarto tolleravano bene il farmaco. Non solo: il Viagra risultava migliorare la loro sopravvivenza e proteggere dal rischio di un nuovo infarto o di insufficienza cardiaca.

Lo studio di oggi sul Viagra

I ricercatori hanno comparato gli effetti positivi e negativi dei due principali tipi di trattamento contro la disfunzione erettile, quella con aprostadil e quella con gli inibitori delle PDE5, fra cui il Viagra. Per farlo hanno analizzato i dati di 16.500 pazienti che hanno ricevuto la terapia con gli inibitori delle PDE5 e meno di 2mila con alprostadil. Tutti i pazienti erano cardiopatici e almeno sei mesi prima di iniziare il trattamento avevano avuto un infarto, un intervento chirurgico di angioplastica con palloncino o un bypass aortocoronarico (l’intervento più frequente). L’attesa di sei mesi non è casuale, dato che in questa finestra di tempo il rischio di un nuovo infarto è maggiore.

Viagra o terapia locale?

Lo studio mostra che i pazienti che hanno ricevuto Viagra o altri inibitori delle PDE5 vivono più a lungo rispetto a quelli trattati con alprostadil. Inoltre hanno un minore rischio di un nuovo infarto, di insufficienza cardiaca e di altri interventi chirurgici come quelli citati. La protezione risulta dipendente dalla dose e pertanto aumenta all’aumentare della frequenza con cui il farmaco viene assunto. Per ora non è possibile stabilire un nesso di causa-effetto dato che lo studio ha analizzato dati provenienti dai registri dei pazienti.

“È possibile – sottolinea Martin Holzmann – che i pazienti che hanno ricevuto gli inibitori della PDE5 fossero più in salute di quelli trattati con alprostadil e quindi avessero un rischio inferiore”. Per comprendere se effettivamente il farmaco ha un ruolo e qual è il suo impatto bisognerebbe dividere i pazienti in due gruppi e assegnarli in maniera casuale a ciascuno dei due. “I risultati ottenuti oggi – commenta l’autore – ci forniscono ottimi motivi per intraprendere uno studio del genere”.

Un motivo in più per rompere il muro dell’imbarazzo

In ogni caso, visto che la disfunzione erettile è un problema diffuso e che farmaci come il Viagra potrebbero far bene anche alla salute cardiaca, l’auspicio degli autori è che questo risultato fornisca una ragione in più per i pazienti per rompere il muro dell’imbarazzo e affrontare l’argomento con il medico. In Italia – come in Svezia, dove è svolto lo studio – il Viagra e farmaci analoghi sono venduti sotto presentazione della prescrizione medica. Anche alprostadil è soggetto a prescrizione medica ed è importante che anche in questo caso il medico sia informato e consideri insieme al paziente l’opportunità del trattamento.

Riferimenti: Journal of the American College of Cardiology

Crediti immagine: Kazejin via Pixabay