Virus ingegnerizzato contro i tumori

Potrebbe essere un virus ingegnerizzato, modificato in laboratorio, la risposta della ricerca biotecnologica ai tumori. Presso i laboratori del Centro di biotecnologie avanzate di Genova (http://www.cba.unige.it/), un team dell’Istituto nazionale per la ricerca sul cancro (http://www.ist.unige.it/) ha messo a punto un virus in grado di trasportare “molecole terapeutiche”, gli interferoni, all’interno della cellula malata. Dentro il tumore queste molecole bloccano la crescita dei capillari tumorali sconfiggendo così la malattia. Il cancro, infatti, si sviluppa solo se riesce a realizzare un sistema di canalizzazione attraverso la formazione di nuovi vasi sanguigni. Lo studio, cui ha partecipato anche Filippo Belardelli dell’Istituto superiore di sanità di Roma (http://www.iss.it/), è stato effettuato su topi di laboratorio affetti dal sarcoma di Kaposi, una forma tumorale molto vascolarizzata. Per comprendere il meccanismo e le potenzialità di questa terapia, Galileo ha intervistato Adriana Albini, direttrice del laboratorio di biologia molecolare dell’Istituto per la ricerca sul cancro di Genova e coordinatrice della ricerca.

Dottoressa Albini, come nasce la vostra ricerca?

“Per anni ci siamo occupati di migliorare la terapia per contrastare l’angiogenesi tumorale (lo sviluppo del sistema di vasi che danno nutrimento ai tumori), un trattamento che non uccide i tumori ma che ne blocca solo il rifornimento. Per questo la terapia va applicata in modo continuativo e comporta per il paziente uno stress psicologico e anche una spesa non indifferente. Allora abbiamo pensato alla terapia genica come una possibile soluzione. Abbiamo introdotto il gene di una molecola terapeutica nell’organismo di un topo in modo da ottenere una produzione quotidiana di interferone, una molecola che influisce sulla crescita dei capillari tumorali. Così si evitano le somministrazioni frequenti che caratterizzano le altre terapie”.

Cosa è virus ingegnerizzato?

“Innanzitutto bisogna dire che i virus nella terapia genica agiscono solo come veicolo. Quelli che si utilizzano per entrare nelle cellule, in partenza sono infettivi e devono essere privati di tutte le parti patogeniche e della capacità replicativa. Dopo il processo di “purificazione” questi virus, detti retrovirus, vengono inoculati nel tumore. I virus trasportano nella cellula del Dna terapeutico che a sua volta produce autonomamente l’interferone”.

Quali sono i vantaggi di questa terapia?

“I vantaggi principali sono due. Innanzitutto si evita di somministrare alte dosi di interferone, che nelle altre terapie presenta spesso effetti collaterali tossici. Allo stesso tempo si ottiene una somministrazione costante nel tempo che però non richiede interventi esterni. Dopo un primo inoculo, infatti, all’interno della cellula malata si crea una sorta di mini fabbrica di proteine che contrastano il tumore”.

Come è stata condotta la vostra ricerca?

“Esistono già delle sperimentazioni cliniche di terapia genica per combattere i tumori. Il nostro studio è stato realizzato sul sarcoma di Kaposi, una patologia che si verifica soprattutto in soggetti con un sistema immunitario deficitario. Per questo era importante mettere a punto una terapia che non fosse particolarmente tossica. I nostri studi sono stati infatti condotti su topi immunodepressi”.

Quali sono le prospettive di questa terapia?

“Noi riteniamo che questa sia la terapia del futuro. Ci sono molte industrie farmaceutiche che si stanno interessando al nostro studio. Esiste un aspetto che però va ancora perfezionato: stiamo cercando di mettere a punto virus più efficienti che possano trasferire il materiale genico in modo più completo e veloce. Alcuni laboratori stanno pensando addirittura di utilizzare virus con base Hiv che sembrano essere più efficienti. C’è ancora molto lavoro da fare ma penso che nel giro di cinque anni si otterranno risultati decisamente migliori”.

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