Salute

Scoperti batteriofagi giganti, ai confini della vita

I batteriofagi, o semplicemente fagi, sono virus parassiti, che infettano e sfruttano esclusivamente i batteri come “ospiti” per riuscire a riprodursi e ad espandersi per poi ucciderli. Oggi un gruppo di scienziati dell’Università della California a Berkeley ha scoperto che ne esistono di grandissimi, molto più di quelli finora noti. E secondo gli autori dello studio questi nuovi fagi giganti si troverebbero al confine di ciò che chiamiamo vita, avendo caratteristiche non presenti negli altri virus, tradizionalmente considerati non viventi perché incapaci di vita autonoma. I risultati della ricerca sono pubblicati su Nature.

Al confine fra vivente e non vivente

In generale diversi tipi di fagi vivono abitualmente nel nostro intestino. Ma non solo: possono essere presenti anche nella saliva e raggiungere altre parti del corpo. Fagi manipolati in ambito biomedico, inoltre, sono spesso usati come farmaci proprio perché sono in grado di uccidere i batteri.

Ma i fagi sono virus e come tutti i virus, pur in grado di riprodursi, non sono formati da cellule e per questo non ricadono nella categoria degli organismi viventi, di cui invece fanno parte ad esempio i batteri. Per riprodursi i virus devono penetrare nella cellula e utilizzarne le sue strutture per replicarsi. Di fatto si comportano come dei parassiti. “In generale ciò che divide i non viventi dai viventi è il possesso di ribosomi e la capacità di fare la traduzione”, ovvero la sintesi delle proteine, ha spiegato Rohan Sachdeva, co-primo autore dello studio. “Questa è una delle principali caratteristiche distinguono i virus dai batteri, i non viventi dai viventi”.

I nuovi fagi sono più vicini al “mondo vivente”

Dopo un’analisi approfondita – la ricercatrice Jillian Banfield che ha coordinato il gruppo si occupa di batteri, Archaea (un altro regno animale) e fagi da oltre 15 anni – gli scienziati hanno scoperto un vasto gruppo di fagi enormi. In particolare, hanno scoperto 351 genomi di fagi che sono almeno quattro volte più estesi dei genomi di virus dalle dimensioni medie. In particolare, uno dei genomi è lungo 735mila coppie di basi ed è il più grande fago mai scoperto. E sono tanto grandi che potrebbero essere considerati quasi come ibridi, come spiega Banfield, fra i virus tradizionali e i batteri.

Fagi, se il genoma è differente

La novità è che i ricercatori hanno individuato la presenza di geni associati a proteine essenziali per svolgere la sintesi proteica, quali i ribosomi. Si tratta di geni solitamente assenti nei genomi dei virus e presenti in quelli dei batteri, che invece sono rintracciabili nei fagi. E proprio questo li avvicina così ai batteri.

Ma non è tutto. Alcuni dei nuovi ampi fagi possiedono geni che producono e che dunque sono associati alle proteine Cas (fra cui Cas9, Cas12 e CasX). Cas sono molto note anche perché sono impiegate dalle tecniche Crispr di gene-editing per correggere il DNA. In particolare un fago produce una proteina analoga a Cas9 e chiamata dai ricercatori CasΦ (Cas Phi, lettera greca spesso utilizzata per indicare i batteriofagi).

(Foto: UC Berkeley image courtesy of Jill Banfield lab)

Un’arma per Crispr

“In questi grandi fagi, le potenzialità di trovare nuovi strumenti per l’ingegneria genomica sono alte”, ha commentato Sachdeva. Un’ipotesi è che una volta che questi fagi hanno iniettato il loro materiale genetico all’interno dei batteri, la presenza delle proteine Cas aiuterebbe i batteri stessi a riconoscere in futuro l’invasione da parte di nuovi fagi e a colpirli – una novità dato che di solito sono i batteri a uscirne sconfitti. Un’altra idea è che possano competere ed eliminare fagi rivali grazie proprio alla presenza di queste proteine o che il sistema Cas aiuti a silenziare le attività di trascrizione dell’opsite, spingendo a favore del fago.

Riferimenti: Nature

Viola Rita

Giornalista scientifica. Dopo la maturità classica e la laurea in Fisica, dal 2012 si occupa con grande interesse e a tempo pieno di divulgazione e comunicazione scientifica. A Galileo dal 2017, collabora con La Repubblica.it e Mente&Cervello. Nel 2012 ha vinto il premio giornalistico “Riccardo Tomassetti”.

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