Virus, Wi-Fi a rischio malware

Un modello matematico mostra come i malware possano diffondersi rapidamente su zone molto vaste anche attraverso le reti WiFi. Che ormai, interconnesse, collegano i quattro punti cardinali di città estese come New York: più le aree urbane sono popolate e più il virus informatico si espande velocemente, proprio come una malattia infettiva.

Gli attuali livelli di protezione dei collegamenti Wi-Fi sono inferiori a quelli delle reti via cavo. Questo perché, in teoria, ogni stazione wireless è separata dalle altre: la propagazione di un virus può avvenire solo all’interno di una stessa rete e non esiste il rischio di un’“epidemia” estesa (ogni stazione copre un raggio che va da un minimo di 15 a un massimo 100 metri circa). Inoltre per crackare la rete, un hacker deve trovarsi fisicamente vicino alla stazione, fattore che aumenta il rischio, per il violatore, di essere scoperto. Vero fino a qualche tempo fa. Perché ora, con l’alta densità delle connessioni senza fili, le zone coperte da più stazioni si sovrappongono (possono cioè entrare in contatto) e si viene a creare un’unica estesa “rete diffusa”. Cadono, allora, tutti i presupposti per dire che il collegamento Wi-Fi è meno esposto a rischi.

Che le cose stiano davvero così è dimostrato in uno studio pubblicato su Pnas da Alessandro Vespignani e colleghi dell’Indiana University e dell’Istituto per l’Interscambio Scientifico di Torino (Isi).  “L’idea era di capire quale fosse il reale pericolo di una diffusione di malware su una rete senza fili”, spiega Vittoria Colizza dell’Isi: “Ci siamo resi conto che è molto elevato, e che gli attuali livelli di protezione non sono più adeguati”. I ricercatori hanno considerato sette diverse realtà negli Usa (da città come New York, Chicago, San Francisco ad ambienti più rurali), inserendo in un modello matematico la posizione geografica delle stazioni e i dati sulle connessioni, come grado di protezione e  densità.

Le simulazioni hanno mostrato che questo tipo di connessioni sono davvero tanto utilizzate, ormai, da formare un’unica rete allargata. Per esempio a Manhattan, due utenti che si trovano a  Nord e a Sud dell’isola risultano collegati tramite Wi-Fi anche se distanti una ventina di chilometri. Questo implica che un malware può raggiungere zone molto lontane da quella da cui è partito l’attacco. In quanto tempo? “Abbiamo visto che l’infezione si diffonde molto rapidamente”, spiega Colizza: “Nelle prime 12-24 ore, in una città come New York, un virus può arrivare a colpire il 55 per cento delle reti. Dipende ovviamente dalla densità delle stazioni Wi-fi e dal tipo di protezione”.

Per i Wi-Fi ci sono vari sistemi di sicurezza: dalla password a livelli di criptatura più complessi, che però sono sempre più bassi di quelli di un Pc normalmente collegato in rete via cavo. “Le stazioni sono quelle più a rischio”, continua la ricercatrice, “in primo luogo perché sono collegate 24 ore al giorno, secondo perché nessun software può ‘curare’ una router infettato. Un hacker può accedere alla stazione Wi-fi e da lì prendere possesso dell’amministratore della stazione e comunicare con tutti gli utenti”. (t.m.)

Riferimento: Pnas, “WiFi networks and malware epidemiology”, doi: 10.1073/pnas.0811973106

 

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