Nessun legame tra vitamina D e crisi asmatiche

vitamina D
(Foto: Michele Blackwell su Unsplash)

E’ un vero e proprio dietrofront. Dopo uno studio di review pubblicato nel 2016, in cui si dicevano fiduciosi del fatto che la vitamina D potesse avere un’azione positiva sul rischio di attacchi di asma in bambini e adulti, i ricercatori della Queen Mary University di Londra e dell’Università di Edimburgo fanno marcia indietro: secondo una versione aggiornata dell’analisi precedente, pubblicata sulla Cochrane Library, la supplementazione non sembra essere più efficace del placebo nel ridurre il rischio di crisi asmatiche gravi (cioè quelle che richiedono un trattamento con corticosteroidi sistemici) e nel migliorare il controllo dei sintomi.

Ma perché la vitamina D dovrebbe avere un effetto su una malattia dell’apparato respiratorio come è appunto l’asma? La vitamina D è perlopiù sintetizzata dal nostro organismo attraverso l’assorbimento dei raggi solari. È una vitamina liposolubile che si accumula nel fegato e viene rilasciata a piccole dosi quando il suo utilizzo diventa necessario. Si presenta sotto due forme: la D2 o ergocalciferolo che viene assunto con la dieta, e la D3 o colecalciferolo che viene sintetizzata dal nostro organismo. Ma oltre a regolare il metabolismo del calcio, attività per la quale la Vitamina D è universalmente riconosciuta, questa sostanza svolge un ruolo essenziale anche nel rafforzare il sistema immunitario. Quando si verificano infezioni e infiammazioni come appunto l’asma, la vitamina D innesca un’attività antimicrobica e antiinfiammatoria, che ha portato i ricercatori a studiarla come possibile soluzione. Anche perché, scrivono i ricercatori, bassi livelli di questa sostanza nel sangue sono stati collegati a un aumento del rischio di gravi attacchi di asma.

Una metà-analisi aggiornata

La review del 2016 condotta dai ricercatori guidati da Adrian Martineau, esperto di malattie dell’apparato respiratorio e immunologia alla Queen Mary University, si concludeva con cautele ma anche con un certo grado di aspettative nei confronti della vitamina D. L’analisi aveva incluso sette studi su un totale di 435 bambini e due studi su un totale di 658 adulti con asma da lieve a moderata. La somministrazione di vitamina D, scrivevano i ricercatori, ha ridotto il tasso di riacutizzazioni che richiedono corticosteroidi sistemici e il rischio di avere almeno una riacutizzazione che richiede un pronto soccorso visita o ricovero in ospedale. Tuttavia, proseguivano i ricercatori, la somministrazione di vitamina D non ha influenzato il rischio di eventi avversi gravi. In conclusione, questi studi sembrano dimostrare che la vitamina D abbia ridotto il rischio di esacerbazione dell’asma, ma non è chiaro come questi risultati potrebbero essere applicati nella pratica clinica.

La necessità di necessarie ulteriori ricerche ha quindi portato il gruppo di ricerca a condurre una nuova analisi. E i risultati sono in contrasto con quanto precedentemente affermato: la somministrazione di vitamina D nel complesso non ha nessun effetto significativo nel ridurre o attenuare le crisi asmatiche. I ricercatori questa volta hanno confrontato venti studi, a fronte dei nove per la review del 2016, che coinvolgevano bambini e adulti dove veniva valutato l’effetto dell’integrazione della vitamina D sul rischio di attacchi di asma e se egli eventuali effetti variavano in relazione al livello basale di vitamina D, alla dose e alla forma di vitamina somministrata.

Chi aveva ricevuto la supplementazione, emerge dalla meta-analisi, non ha mostrato una riduzione degli attacchi acuti di asma maggiore rispetto a chi veniva trattato con placebo. L’integrazione con la vitamina non ha influenzato la capacità respiratoria e il tempo di insorgenza tra una crisi asmatica e la successiva. Solo in uno studio, tra quelli esaminati, la vitamina D è stata somministrata per via orale sotto forma di calcidolo invece che colecalciferolo, ed ha prodotto una riduzione significativa del tasso di esacerbazioni dell’asma.

I ricercatori, conclude Annie Williamson prima autrice dello studio, non sono ancora certi del motivo per cui i nuovi risultati siano in contrapposizione rispetto a quelli presentati nel 2016. Forse chi soffre di asma oggi riceva un trattamento migliore rispetto a sette anni fa? O magari la carenza di vitamina D è in generale diminuita tra gli individui, data la grande diffusione degli integratori? “Qualunque sia il motivo – ha commentato Anne Williamson, collega di Martineau alla Queen Mary University of London e prima autrice del nuovo studio – è probabile che questi ultimi risultati siano quelli più corretti. E questo mostra quanto sia fondamentale aggiornare le linee guida quando arrivano nuovi risultati”.

Riferimenti: Cochrane Library

Credits immagine: Michele Blackwell su Unsplash