Vittime della caccia: quota 100, tra morti e feriti

Un bilancio che non smentisce quello degli anni precedenti: 25 morti (di cui uno non cacciatore) e 75 feriti (di cui 16 non cacciatori).  La stagione venatoria che si è appena chiusa non è la più cruenta degli ultimi tempi. Nel 2010 si contavano 24 morti e 71 feriti , grosso modo gli stessi che incontriamo andando a ritroso nel tempo (25 morti e 78 feriti nel 2009; 30 morti e 79 feriti nel 2008). Possiamo sentirci rassicurati? Forse no.

Anche se nel dossier diffuso oggi dall’Associazione Vittime della Caccia  non troviamo tracce di una  inaspettata carneficina  che giustifichi un generalizzato allarme sociale, gli episodi raccolti dalla presidente dell’Associazione Daniela Casprini spulciando le cronache giornalistiche nei  cinque mesi  di attività venatoria ci dicono, quantomeno, che nel  mondo delle doppiette c’è qualcosa che non funziona.  

Spogliandolo degli innegabili accenti anticaccia e tralasciando volutamente i dati sulle vittime in ambito extra venatorio (53 morti e 88 feriti), che possono prestarsi a differenti interpretazioni, il dossier (disponibile on line da domani), merita di essere letto soprattutto come una denuncia costruttiva sui provvedimenti necessari al quieto vivere.

Se infatti capita, come è accaduto a Giampaolo Piomboni, sposato e con due figli, di venire uccisi mentre si raccolgono funghi in un bosco, oppure di venire colpiti facendo jogging sull’argine del Po, o ancora di vedersi sfiorare il volto da un proiettile mentre si gioca nel cortile della propria casa, è difficile negare che la convivenza tra cacciatori e non cacciatori non è idilliaca.

Colpa di chi trasgredisce la legge o di una normativa troppo permissiva?
Di entrambe le cose, spiega Maurizio Giulianelli, vicepresidente dell’Associazione “perché la legge è troppo vaga nell’indicare i divieti. Sarebbe molto più efficace se elencasse chiaramente i luoghi dove si può sparare, piuttosto che introdurre limiti poco chiari all’esercizio dell’attività venatoria”. C’è poi l’annosa questione dell’articolo 842 del codice civile, sollevata oggi nuovamente dalla senatrice radicale Donatella Poretti: “La possibilità data esclusivamente ai cacciatori di attraversare un fondo privato è uno degli aspetti della legge responsabile degli effetti collaterali che si registrano con tanta frequenza”.

A tutto ciò si aggiunge un dato inconfutabile: “le campagne non sono più territori disabitati di un tempo e la pressione venatoria oggi grava molto di più su chi vive lontano dalle città” dice Giulianelli, convinto che la questione sicurezza possa spostare il duro scontro tra i due fronti, pro caccia e anti caccia, su un altro piano. Lontano dall’etica e dagli schieramenti  ideologici.

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