L’andamento del mercato azionario dipenderebbe anche dai livelli di testosterone. A riferirlo sulla rivista Management Science è un nuovo studio secondo cui nel frenetico mondo di Wall Street, dominato quasi interamente da uomini, esisterebbe un forte legame tra l’ormone maschile, il testosterone appunto, e il modo in cui gli azionisti gestiscono gli affari.
Oggi, infatti, negli Stati Uniti la maggior parte degli agenti di borsa sono giovani maschi e sempre più prove suggeriscono come la biologia possa influenzare il loro comportamento. Anche al lavoro. Secondo gli studiosi infatti la biologia potrebbe contribuirebbe in misura significativa alle fluttuazioni del mercato, portando per esempio a un maggior rischio di pericolose bolle speculative, particolari fasi di mercato caratterizzate da un aumento considerevole e ingiustificato dei prezzi di uno o più beni.
Lo studio, condotto dai ricercatori di tre università (Western University, Oxford University e Claremont Graduate University) ha coinvolto 140 giovani azionisti, ognuno dei quali ha ricevuto un gel topico contenente testosterone o un altro gel identico, ma contenente placebo, prima di cominciare il loro lavoro, tra trattative di acquisto, vendita e scambi di azioni.
Dall’analisi, il team di ricercatori ha scoperto che il gruppo di giovani impiegati trattati con il testosterone era molto più intraprendente rispetto al gruppo del placebo, che invece si è dimostrato avere un atteggiamento più pacato e prudente, del tipo “compra a poco e vendi a tanto”. Quelli del gruppo trattato con testosterone, precisamente, assumevano un comportamento molto più rischioso, del tipo “compra a tanto e vendi a di più”, che potrebbe contribuire alla formazione delle rischiose bolle finanziare.
Secondo i ricercatori alti livelli di testosterone possono influenzare il giudizio degli azionisti, condizionandone le decisioni e facendo sovrastimare il valore delle azioni. “Questa ricerca suggerisce la necessità di considerare le influenze ormonali sul processo decisionale dei professionisti del mercato azionario, perché i fattori biologici possono aumentare fortemente i rischi”, spiega il co-autore dello studio, Amos Nadler. “Forse la raccomandazione più semplice è quella di mettere in atto periodi di ‘calma’ per sbollire gli spiriti e interrompere i cicli di feedback positivi e restituire così l’attenzione alle effettive valutazioni, evitando influenze sul processo decisionale”.
Riferimenti: Management Science
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