Fisica e Matematica

Inviare segnali in un wormhole è possibile

Far viaggiare i segnali, le informazioniconnettendo regioni molto lontane dello spazio-tempo di Albert Einstein, potenzialmente a una velocità più alta di quella della luce. Non è solo fantascienza: alcuni modelli fisici hanno ipotizzato davvero, almeno nella teoria, questi salti nel tempo e nello spazio grazie a oggetti ancora molto misteriosi chiamati wormhole o cunicoli spazio-temporali. Più precisamente ponti di Einstein-Rosen. Tuttavia, gli studi indicano che questi tunnel spazio-temporali sono strutture molto instabili, cioè che non restano aperte per un tempo tale da far passare qualsiasi segnale. 

Ora però le cose potrebbero cambiare, almeno in parte. Secondo una nuova ipotesi, avanzata dallo scienziato Pascal Koiran, docente di computer science alla Scuola normale superiore di Lione, i wormhole non sarebbero così instabili e potrebbero rimanere aperti per un tempo sufficiente affinché un segnale passi da un punto ad un altro. La teoria, disponibile in preprint su arXiv, è in via di pubblicazione su International Journal of Modern Physics D.


Se esistesse davvero un wormhole, dove dovremmo cercarlo?


Wormhole, tunnel nello spazio-tempo

Riprendendo la teoria, questi particolari tunnel collegherebbero regioni separate dello spazio-tempo: ciò che entra in buco nero può poi uscire in una parte completamente diversa dell’universo, un po’ come succede nel film Interstellar. Inoltre, ipoteticamente consentirebbero anche l’invio di segnali nel passato e nel futuro. Peraltro, il termine wormhole (il buco del verme) rende bene l’idea. Se l’universo fosse una mela, normalmente ci si potrebbe spostare soltanto sulla sua superficie esterna. Ma se un verme scavasse un buco nel frutto – appunto il tunnel o wormhole – il percorso e il tempo per raggiungere punti distanti si abbrevierebbe. 

Il problema è che questi cunicoli hanno una vita brevissima, non sufficiente per accogliere queste incursioni nello spazio-tempo. Negli anni i fisici hanno proposto varie teorie alternative per aggirare l’ostacolo, fra cui per esempio la formulazione del 1988 del premio Nobel per la Fisica Kip Thorne, che si serve della meccanica quantistica per prolungare la “sopravvivenza” del tunnel spazio-temporale.


I viaggi nel tempo? Possibili, ma solo in matematica


Assumere un punto di vista differente

Per individuare delle alternative ci vuole una grande conoscenza della fisica, in particolare della teoria della relatività di Einstein, unita a una grande creatività. In questo caso l’autore Pascal Koiran guarda le cose da un punto di vista differente, che gli permette di superare – o almeno di provarci – l’intoppo riscontrato con un approccio più tradizionale. Per farlo adotta un modo diverso di misurare lo spazio e il tempo intorno a un buco nero, l’ipotetico ingresso del tunnel spazio-temporale. 

Koiran sceglie infatti di usare la metrica (o le coordinate) di Eddington-Finkelstein, dai nomi dei fisici Arthur Eddington e David Finkelstein. Invece, la metrica di Schwarzschild (dall’astrofisico tedesco Karl Schwarzschild), solida e più comunemente utilizzata per studiare i buchi neri, va incontro a una rottura, ovvero non vale più, quando un oggetto entra nel raggio d’azione di un buco nero. Con il nuovo modo di misurare lo spazio e il tempo, nella teoria di Eddington-Finkelstein, l’esperto ha mostrato che è possibile descrivere e tracciare il percorso di una ipotetica particella che si trovi a entrare in un buco nero e percorra un wormhole.

Il risultato non implica che i cunicoli siano stabili e non indica che sia effettivamente possibile attraversarli, tuttavia identifica e propone una soluzione alternativa, un approccio matematico per affrontare la questione e aggirare l’ostacolo. In questo modo apre nuove strade di ricerca e per questo merita una riflessione e uno studio più approfondito.

Quanto sono “vecchi” i wormhole

Teorizzati per la prima volta nel 1916 dal fisico austriaco Ludwig Flamm, i cunicoli spazio-temporali e il concetto alla base furono studiati in maniera approfondita prima dal matematico tedesco Hermann Weyl. Gli studi assumono una forma ancora più solida e sono presentati poi Albert Einstein e dal fisico statunitense naturalizzato israeliano Nathan Rosen nel 1935. Ma il vocabolo inglese wormhole è stato coniato soltanto nel 1957 dal fisico americano John Wheeler

Via Wired.it

Viola Rita

Giornalista scientifica. Dopo la maturità classica e la laurea in Fisica, dal 2012 si occupa con grande interesse e a tempo pieno di divulgazione e comunicazione scientifica. A Galileo dal 2017, collabora con La Repubblica.it e Mente&Cervello. Nel 2012 ha vinto il premio giornalistico “Riccardo Tomassetti”.

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