Xenotrapianti, un sì alla moratoria

No ai trapianti di organi animali nell’uomo, almeno per il momento. Ma via libera alla ricerca e alla sperimentazione, che comunque non devono fermarsi. Ad affermarlo, nel corso della conferenza stampa su “Xenotrapianti e ricerca biomedica”, il 25 novembre scorso, è stato Giovanni Berlinguer, presidente del Comitato Nazionale per la Bioetica, che scegliendo di aderire alla sospensione della sperimentazione clinica sulla specie umana, ha sostanzialmente raccolto l’invito lanciato lo scorso gennaio dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa. “Ci sono ancora questioni da risolvere e problemi pratici da affrontare”, ha dichiarato Berlinguer, “come la verifica delle reazioni di rigetto dell’organo trapiantato da parte dell’organismo umano e la possibilità di ottenere animali transgenici del tutto compatibili con l’uomo”. Le ricerche attuali, infatti, non sono in grado di escludere il rischio di zoonosi, cioè del passaggio [spillover]di malattie infettive dagli animali all’uomo.

Ma questa pausa di riflessione è necessaria, secondo il Cnb, per sciogliere i tanti dubbi che ancora sollevano gli xenotrapianti. In primo luogo, dicono gli esperti del Comitato, occorre elaborare un protocollo aggiuntivo alla “Convenzione europea per la protezione dei diritti umani e della dignità dell’essere umano in merito alla applicazione della biologia e della medicina” stabilita due anni fa ad Oviedo. La domanda a cui bisogna ancora rispondere oggi è se i benefici ricevuti dal singolo paziente possano far trascurare i rischi di una eventuale diffusione di malattie infettive nella popolazione. “Il principio etico”, prosegue Berlinguer, “è quello dell’equo bilanciamento tra il beneficio diretto e chiaramente determinabile per il singolo paziente e gli effetti indiretti di grave entità che possono investire soggetti non identificabili al momento attuale”.

In secondo luogo, non si devono trascurare le conseguenze di natura psicologica che trapianti di questo tipo provocano nel paziente stesso. In particolare, il controllo del rischio di diffusione di agenti biologici patogeni o letali potrebbe costringere il trapiantato ad un regime di osservazione costante e ad una drastica limitazione dei suoi rapporti sociali, fino all’isolamento.

Un’altra questione, infine, è quella degli “animali-serbatoi”: occorre una volta per tutte porsi il problema degli sprechi di vite e delle sofferenze degli animali usati per la sperimentazione. Un concetto, quello dei “diritti degli animali” che si sta facendo strada soprattutto nelle legislazioni degli altri paesi occidentali, ma che trova interesse e riscontri anche in Italia.

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