Per prevenire il rischio di epidemie associate a Zika, Dengue e Chikungunya, bisogna concentrarsi sui vettori di questi virus, ossia sulla zanzara tigre (Aedes albopictus). È quello che hanno provato a fare i ricercatori dell’Enea, che hanno appena messo a punto un nuovo metodo biotecnologico in grado di limitare la riproduzione della zanzara tigre e abbattere le sue capacità di trasmettere virus tropicali.
Il metodo, spiegano i ricercatori nel loro studio appena pubblicato su PLoS Neglected Tropical Diseases, consiste nell’introduzione all’interno della zanzara di ceppi specifici del batterio Wolbachia, uno dei parassiti più comuni del mondo, innocuo per gli esseri umani, che agisce a livello del sistema riproduttivo.
Sperimentato in laboratorio su popolazioni di zanzara tigre sia italiane che tropicali, il metodo consiste fondamentalmente nella manipolazione della naturale flora batterica dell’apparato riproduttivo degli insetti. Wolbachia, infatti, si distingue per alterare in maniera significativa la capacità riproduttiva dei suoi ospiti.
“In pratica, attraverso la somministrazione di un antibiotico, il batterio Wolbachia viene rimosso dalle cellule del tessuto riproduttivo della zanzara tigre e viene sostituito, tramite una microiniezione embrionale, da varianti diverse dello stesso batterio, prelevate, nel nostro caso, dalla zanzara comune e dal moscerino della frutta”, spiega Riccardo Moretti, ricercatore dell’Enea.
Dai risultati della sperimentazione, il nuovo metodo si è dimostrato efficace nell’azzerare nelle femmine la capacità di trasmissione del virus Zika e hanno inoltre manifestato una significativa riduzione (a meno del 5%) di quella dei virus di Dengue e Chikungunya. Inoltre, i maschi sono stati in grado di rendere sterili le femmine selvatiche dopo l’accoppiamento, compromettendone la possibilità di riprodursi.
Più precisamente, la prima variante del batterio Wolbachia rende i maschi in grado di sterilizzare le femmine selvatiche con cui si accoppiano, mentre la seconda variante si è dimostrata in grado di interferire sulla trasmissionedei virus. “I metodi di controllo delle zanzare basati sul rilascio di maschi sterili sono un’alternativa agli insetticidi altamente specifica ed ecocompatibile e quindi sfruttabile in sicurezza anche nei centri urbani”, commenta Moretti. “L’uso intensivo di pesticidi può infatti avere un impatto negativo sull’ambiente e sugli organismi viventi oltre a dar luogo a fenomeni di sviluppo di resistenza da parte delle zanzare difficili da gestire”, sottolinea Elena Lampazzi, ricercatrice Enea.
Grazie a questo metodo biotecnologico, oltre al fatto che il fattore di sterilitàviene ereditato dalla prole di una zanzara femmina che ne è portatrice, il batterio utilizzato, precisano i ricercatori, ha consentito di ottenere, a costi e tempi di intervento inferiori, esemplari maschi più efficienti nell’indurre sterilità nelle femmine selvatiche. Per ora, l’Agenzia Europea per le Sostanze Chimiche (Echa) ha classificato il nuovo metodo Enea come biocida, ossia nella lista delle sostanze, miscele o metodi utilizzati per il controllo di organismi nocivi, mentre il Ministero della Salute ha già dato il via libera alla sua sperimentazione in campo su aree controllate.
Via: Wired.it
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