L’uomo dietro il camice

Renzo Tomatis
L’ombra del dubbio
Sironi 2008, pp.139, euro 13,50

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Quattro racconti in cui la scienza si impasta con la vita quotidiana del ricercatore, tra esperimenti ed emigrati. Una raccolta uscita postuma, a pochi mesi di distanza dalla scomparsa di Renzo Tomatis – grande ricercatore e importante manager scientifico nei progetti internazionali per la lotta ai tumori – e che rinnova il fascino di questo autore che ha provato in molti libri ad aprire le porte dei laboratori senza spettacolarizzazioni né arroganze.

Non stupisce che un grande romanziere come Italo Calvino fosse rimasto particolarmente colpito dal primo diario-romanzo che Tomatis scrisse nel 1964, ripercorrendo un anno di ricerca a Chicago: “Mentre questi letterati scrivono volumi e volumi per ogni soprassalto sulle loro animucce…c’è una vastissima parte dell’intelligenza umana che non si racconta”. Lo disse Calvino presentando all’editore Einaudi il volume “Il Laboratorio”, esordio letterario di Tomatis. All’esperienza di Chicago tornano i primi tre dei racconti ora pubblicati da Sironi (con una bella introduzione di Paolo Vineis e un’intervista a Tomatis fatta da Claudio Magris).

Il primo occupa gran parte del volume e tocca diversi temi, ma soprattutto è il conflitto di interessi e la commistione – più o meno manifesta – tra ricercatori e industria, a essere oggetto della narrazione. La rivalità tra due ricercatori, capiscuola nell’ambito della prevenzione dei tumori, diventa il luogo di grandi scorrettezze e mosse propagandistiche in malafede da parte dell’industria dell’amianto. Tomatis, che stava lavorando sulla sensibilità alle sostanze tossiche nel feto, osserva e racconta la storia da un punto di vista apparentemente neutrale, a distanza ormai di diversi anni. Tuttavia, Tomatis è consapevole dell’impossibilità di mantenersi esterni a certe dinamiche che coinvolgono non solo la deontologia professionale, ma anche le aspirazioni personali e aspetti emotivi difficili da tenere a bada anche quando si ha a che fare con questioni che dovrebbero essere risolte solo con il freddo dato scientifico.

Il secondo racconto ha invece a che fare con i rapporti personali tra colleghi: un’amicizia che viene guastata dal sospetto mai esplicitato di una concorrenza non sleale, ma poco opportuna. In tempi in cui tra l’altro i rapporti a distanza non erano così semplici come oggi, e dove spesso erano solo i congressi a mettere in contatto le persone: il risultato erano quindi storie che proseguivano per molti anni, pettegolezzi e voci di corridoio alimentati e amplificati dalla poca comunicazione.

Il racconto con meno scienza di tutti è il terzo, che racconta del rapporto con altri emigrati italiani, arrivati con valigie di cartone negli Usa prima della Seconda Guerra Mondiale, e desiderosi di comunicare con chi invece sembra essere parte di un’élite intellettuale e non ha sofferto problemi di integrazione. Il quarto racconto ha invece luogo in Francia, dove Tomatis ha passato molti anni come direttore dell’Agenzia per la Ricerca sul Cancro dell’Organizzazione Mondiale della Sanità: l’autore ha anche fare con un amico letterato, malato da tempo, con il quale insorge un involontario malinteso: la necessità e la difficoltà del comunicare, l’ambiguità del silenzio, diventano elementi cruciali di un mondo di passioni cui la scienza non è può e non deve essere aliena.
Tomatis riesce quindi a regalare una visione inusuale della vita del ricercatore: il camice bianco da laboratorio ricopre un mondo fatto di affetti, di culture, di sogni e di emozioni, troppo spesso nascosti da difese dogmatiche e ideologiche della Scienza.

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