Le specie seguono i soldi

Non sono i cambiamenti climatici e neanche altri fattori naturali. A favorire le “invasioni biologiche” di specie non autoctone in Europa sono due variabili umane: la ricchezza e la densità di popolazione.  Secondo uno studio recentemente pubblicato su Proceedings of the National Academy of Science, nei Paesi europei la diffusione di specie aliene è direttamente proporzionale a questi due fattori. La ricerca, frutto di una collaborazione internazionale, ha mostrato infatti come questi due elementi siano decisivi per valutare il grado di invasioni in un determinato territorio molto più di altri fattori come, per esempio, il cambiamento climatico o la composizione fisica del suolo.

Con il termine “specie invasive” gli autori si riferiscono a un vasto insieme di specie non autoctone, dalle piante ai funghi, dagli uccelli ai mammiferi, dagli insetti ai rettili. Se a volte le specie introdotte da altre zone non rappresentano una particolare minaccia, ci sono casi in cui la loro presenza può portare alla distruzione di ecosistemi e a seri danni per l’ambiente e l’agricolutra. “Il fenomeno – si legge nello studio – è connesso al commercio internazionale”. Le specie invasive, come spiegano i ricercatori, possono nascondersi nelle merci importate, essere trasportate come animali domestici, essere introdotte per errore tramite cibi contaminati o ancora di proposito, come nel caso delle piante ornamentali e delle nuove coltivazioni.

Secondo gli studiosi, il forte peso dei fattori umani sulle invasioni biologiche è una questione su cui politici e governi dovrebbero intervenire, superando ogni tipo di reticenza. Finora – hanno sottolineato gli autori – l’Organizzazione mondiale del Commercio e altre associazioni non hanno elaborato alcun meccanismo efficiente in grado di contenere il problema. “Le specie invasive rappresentano una minaccia ecologica continua e crescente”, ha dichiarato Susan Shirley, coautrice dello studio e ricercatrice presso il Department of Forest Ecosystems and Society della Oregon State University. “Nel futuro – ha aggiunto la scienziata – una delle sfide principali sarà comprendere quali fattori economici contribuiscono maggiormente all’introduzione di specie aliene, così da elaborare interventi mirati che non penalizzino il commercio internazionale”. (g.b.)

Riferimenti: Pnas doi:10.1073/pnas.1002314107

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