Il merluzzo adattato all’inquinamento

In soli 50 anni, la mutazione di un singolo gene ha reso le popolazioni di merluzzi del fiume Hudson di New York insensibili alle sostanze tossiche disciolte nell’acqua. La scoperta, pubblicata su Science, è di un gruppo di ricerca coordinato da Isaac Wirgin della New York University School of Medicine, negli Usa.

Per 30 anni sono stati riversati nelle acque del fiume Hudson quasi 600 mila chili di policlorobifenili (PCBs), una classe di composti organici altamente tossici, il cui uso industriale e commerciale è stato bandito nel 1979. Le popolazioni di pesci del fiume Hudson sono state decimate da questi inquinanti, con un’unica eccezione: il Microgadus tomcod, comunemente chiamato merluzzo tommy. Nonostante i livelli di PCBs trovati nel fegato di questi pesci siano i più alti mai registrati in un animale, i merluzzi sembrano non risentirne e continuano a sopravvivere e a riprodursi.

Per risolvere il mistero, i ricercatori hanno passato quattro anni catturando merluzzi dal fiume Hudson. Ne hanno quindi analizzato il Dna, prestando particolare attenzione al gene AHR2, che codifica per una proteina coinvolta nella regolazione degli effetti dei PCBs. Si è così scoperto che i merluzzi tommy possiedono una variante del gene diversa dalla copia “normale”: manca di sei coppie di basi nucleotidiche (i mattoni del Dna). La proteina sintetizzata, quindi, non interagisce in maniera corretta con i PCBs e questo attenua la tossicità dei composti. I ricercatori parlano di un’evoluzione sorprendentemente veloce, che sino ad oggi era stata dimostrata solo per invertebrati come gli insetti.

Ma ciò che è una buona notizia per i merluzzi tommy, non lo è per i loro predatori. Anche se non muoiono, infatti, questi animali accumulano PCBs nei loro muscoli. Quando vengono mangiati da altri pesci, questi inquinanti finiscono nella rete alimentare, trasferendosi da una specie all’altra fino ad arrivare all’essere umano. Non è escluso, infine, che la mutazione acquisita renda i merluzzi più sensibili ad altri tipi di inquinanti.

Riferimenti: Science DOI:10.1126/science.1197296

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