Rio+20, perdere biodiversità mette a rischio la specie umana

Nove milioni di specie di pianteanimali, protisti e funghi, che vengono spartiti tra sette miliardi di persone. Questo, infatti, è quanto, in termini di biodiversità, il mondo ha oggi a disposizione: tutelarlo non è fondamentale solo per mantenere gli equilibri degli ecosistemi, ma anche per garantire il loro continuo sostegno all’umanità, attraverso il rifornimento di beni come terreni fertili, legno e cibo. È questo l’appello di un team di ecologisti lanciato sulle pagine di Nature, alla vigilia dell’apertura dei lavori del prossimo Summit della Terra Rio+20, in programma dal 20 al 22 giugno a Rio de Janeiro.  

 
Ed è proprio l’occasione dell’Earth Summit – a cui la rivista dedica la copertina e una serie di articoli che ripercorrono le iniziative prese a favore del clima – ad aver spinto gli scienziati a rivedere oltre mille articoli scientifici sul tema della perdita di biodiversità e dei suoi effetti sulla società. Un’analisi che, come risultato, ha prodotto una presa di posizione chiara da parte degli ecologisti. Lo spiega Bradley Cardinale della University of Michigan, a capo del team: “Così come le dichiarazioni di consenso dei medici hanno portato alla diffusione di messaggi pubblici sul rischio per la salute derivante dal consumo di tabacco, questa che presentiamo è una dichiarazione di consenso di esperti che sono d’accordo nell’affermare che la perdita delle specie è dannosa per gli ecosistemi e che può nuocere alla società, ricadendo su quelle attività che sono essenziali per la salute umana e la prosperità”. 
 
“Abbiamo raggiunto un punto in cui gli sforzi per preservare le specie e la diversità biologica potrebbero non essere più un atto di altruismo”, gli fa eco Diane Srivastava della University of British Columbia, tra gli autori. E non si tratta solo del parere di esperti. Come spiegano gli scienziati, ci sono ormai le prove per affermare che la biodiversità è fondamentale per garantire alcune attività. Per esempio, la diversità genetica aumenta la produttività dei raccolti, quella del legno e quella di foraggio, oltre ad accrescere la stabilità nei rendimenti nella pesca.
 
Effetti che si amplificano nel momento in cui si consideri, per esempio, come una maggiore biodiversità nelle piante porti anche a sviluppare una maggiore resistenza nei confronti delle invasioni da parte di specie esotiche e dei parassiti. Insomma, la posizione a vent’anni dal summit della Terra del 1992, quando venne adottata la Convenzione sulla diversità biologica, è ancora la stessa. Anzi è rinvigorita perché, a dispetto della convenzione negli ultimi anni, le specie sono continuate a scomparire. Ecco allora che è necessario richiamare l’attenzione sul problema, come già fatto dall’emanazione dei nuovi obiettivi per la protezione della biodiversità da raggiungere entro il 2020, gli Aichi Target
 
Secondo gli scienziati molto rimane ancora da fare anche nell’ambito della ricerca, per capire cosa significhi davvero per l’umanità la perdita delle specie. Lo sottolinea Shahid Naeem della Columbia University, tra gli autori dell’articolo: “Nessuno può dire con esattezza cosa accada nel momento in cui un ecosistema perde una specie, ma la maggior parte di noi è convinto che non può essere un bene. E siamo d’accordo nel dire che, se gli ecosistemi perdono la maggior parte delle loro specie, sarà un disastro. Vent’anni e migliaia di studi dopo ciò che il mondo pensava fosse vero a Rio nel 1992 alla fine è stato dimostrato: la biodiversità è alla base della nostra capacità di realizzare uno sviluppo sostenibile”.
 
via wired.it
 
Credit immagine a ggallice / Flickr

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