L’amianto fa duemila morti l’anno

Oltre 2 mila vittime ogni anno. È la terribile cifra di morti causata dall’amianto a 20 anni dalla sua messa al bando: sono più di 34 mila i siti ancora da bonificare e oltre 32 milioni le tonnellate di amianto sparso in tutto il paese, con cave di materiali contenenti la pericolosa fibra ancora attive. A lanciare l’allarme sono le associazioni ambientaliste, quelle delle vittime e degli ex esposti che, in occasione della II Conferenza governativa sull’amianto in programma da oggi e per tre giorni a Venezia, chiedono precisi impegni su sorveglianza sanitaria, ricerca, risarcimenti e interventi concreti di risanamento per liberare l’Italia dall’amianto.

Il numero di decessi causato dall’esposizione all’amianto è altissimo, oltre 900 quelli per mesotelioma pleurico e l’emergenza sanitaria continua a crescere, visto il lungo periodo di latenza della malattia (fino a 40 anni), tanto che gli epidemiologi prevedono alcune decine di migliaia di casi nei prossimi anni, denunciano le associazioni. Oltre alla sorveglianza sanitaria ed epidemiologica, molto deve essere fatto a livello di prevenzione, soprattutto se si considera che a 20 anni dalla messa al bando e dall’istituzione dei Piani regionali amianto (legge 257 del 1992), ancora non si sa quanto amianto ci sia in giro. Le stime ufficiali del Cnr parlano di 32 milioni di tonnellate, relative ai 2,5 miliardi di mq di coperture di eternit, e di diverse tonnellate di amianto friabile. Con i dati raccolti presso le regioni, il Ministero dell’Ambiente conta 34.148 siti con presenza di amianto. Inoltre, paradossale ma vero, sono ancora attive in Italia attività estrattive di rocce contenenti amianto, come le pietre verdi o le ofioliti. Vietate dalla legge 257/92, queste attività di fatto sono state riaperte con un decreto ministeriale del 1996 che consente di estrarre materiali con concentrazioni di amianto superiori allo 0,1% in peso, ovvero a quella massima consentita per le sostanze cancerogene, come l’amianto. Il materiale cavato viene poi utilizzato in edilizia, per sottofondi stradali o nelle linee ferroviarie, esponendo a rischio chi lo utilizza.

Non va meglio sul fronte bonifiche, tanto che dovremmo convivere con la fibra letale almeno fino al 2100. Una battuta d’arresto, denunciano le associazioni, l’ha provocata il quinto conto energia che, cancellando l’extra incentivo per sostituire l’eternit con impianti fotovoltaici – grazie al quale nel 2012 sono stati decontaminati oltre 25 milioni di mq – ha di fatto fermato gli interventi di bonifica. C’è poi il problema dello smaltimento: il 75% dei rifiuti prodotti, 286 mila tonnellate, secondo i dati Ispra, vengono spedite in Germania perché in Italia mancano discariche dedicate, con alti costi di trasporto e di bonifica.

Ora le associazioni chiedono che il governo, in occasione della II Conferenza Governativa sull’amianto, accolga e tramuti in atti concreti le proposte già formulate, in particolare quelle contenute nella mozione del senatore Felice Casson e altri (Atto n. Senato 1-00680 Pubblicato il 12/9 2012, nella seduta n. 792. Esame concluso nella seduta n. 680 dell’Assemblea, 13/09/2012). Quattro i punti cardine: il risanamento ambientale, da perseguire con gli interventi sui grandi siti industriali e sulle emergenze locali, con il completamento del censimento che oggi procede a macchia di leopardo e con adeguate risorse economiche per co-finanziare la rimozione e la bonifica delle strutture contaminate; la chiusura delle cave di amianto; la sorveglianza sanitaria ed epidemiologica e la ricerca clinica, da effettuare in tutte le regioni con gli stessi obiettivi e metodologie, con poche e validate visite ed esami mirati, preceduti da un colloquio (counceling) e l’iscrizione in un apposito registro (Registro degli esposti). Infine, il risarcimento alle vittime garantito e le misure previdenziali, con l’inclusione degli ex esposti non professionali nel Fondo vittime dell’amianto, la semplificazione dell’accesso alle altre forme di risarcimento previdenziale previste dalla legge per gli ex esposti e il riconoscimento da parte degli enti previdenziali, Inps e Inail, delle malattie professionali e dei benefici di legge a tutti gli aventi diritto (compresi i militari ex esposti), senza differenziazioni territoriali e senza dovere ricorrere ai tribunali, come invece accade spesso.

Credits immagine: fazen/Flickr

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