Dove hanno origine i raggi cosmici?

Per gli astronauti possono essere pericolosi, ma per chi resta sulla Terra lo scontro con la nostra atmosfera li rende innocui. Una fortuna, visto che se una sola di queste particelle sub atomiche ci colpisse alla testa, avrebbe l’effetto di una palla da baseball lanciata a più di 100 chilometri orari. Stiamo parlando dei raggi cosmici ad altissima energia, le particelle più energetiche dell’universo. I fisici non sanno ancora con precisione come si formino, ma oggi sappiamo che quelli che colpiscono l’emisfero settentrionale hanno un preciso punto di origine: una regione del cielo boreale sotto l’Orsa Maggiore. A scoprirlo sono stati 125 ricercatori del progetto Telescope Array, un esperimento portato avanti dall’Università dello Utah, in collaborazione con altri istituti e università americani, giapponesi, sudcoreani, russi e belgi. A rendere possibile lo studio, in corso di pubblicazione su The Astrophysical Journal Letters, è stato il più grande rivelatore di raggi cosmici dell’emisfero settentrionale, costato 25 milioni di dollari e situato nel deserto a ovest di Delta, nello Utah.

I raggi cosmici sono particelle e nuclei atomici ad alta energia, migliaia di volte maggiore di quella di altri tipi di radiazione naturale, scoperti nel 1912 dal fisico austriaco Victor Franz Hess. Normalmente hanno origine dal Sole, da altre stelle e dalla loro esplosione, ma la sorgente di quelli con energia superiore a un miliardo di miliardi di elettronvolt, detti ultra-energetici, è ancora incerta. Alcuni astrofisici credono siano prodotti dai nuclei galattici attivi, galassie con un nucleo particolarmente luminoso e radiativo, mentre per altri la fonte più probabile sono le supernove. Grazie al nuovo studio comunque, da oggi gli scienziati sanno almeno in che regione di spazio cercare questa sorgente misteriosa.

Il gruppo di ricerca Telescope Array ha individuato i raggi ultra-energetici utilizzando due tipi di strumenti: rivelatori di fluorescenza e scintillatori. I primi funzionano individuando i deboli lampi bluastri prodotti dallo scontro tra i raggi cosmici e i gas di azoto presenti nell’atmosfera terrestre. Queste collisioni provocano poi una reazione a scascata con altri gas atmosferici, che generano a loro volta delle “docce di raggi cosmici”, che vengono registrate dai rivelatori a scintillazione.

Dal 2008 al 2013 il team internazionale ha individuato 72 raggi ad altissima energia, 19 dei quali provenienti dalla cosiddetta “zona calda”: un cerchio di 40 gradi di diametro che costituisce il 6 per cento del cielo boreale. “In quella zona troviamo un quarto dei nostri eventi, invece del 6 per cento”, spiega Charlie Jui, fisico dell’Università dello Utah che ha partecipato alla ricerca. Un dato quindi è difficilmente casuale, e inoltre coerente con un altro studio in corso, che suggerisce che i raggi cosmici provengono dalle zone dell’universo dove si trovano ammassi e superammassi di galassie.

Anche nel cielo meridionale sembra esistere una debole “zona calda”, individuata dagli scienziati dell’osservatorio internazionale Pierre Augur, in Argentina. Secondo i ricercatori del progetto Telescope Array i raggi cosmici provenienti dai “punti caldi” settentrionale e meridionale dovrebbero però avere origini diverse. Gli scienziati sperano di costruire entro il 2016 un rivelatore più grande e più sensibile, per poter registrare un maggior numero di raggi ultra-energetici e scoprire forse così la loro fonte.

Riferimenti: University of Utha

Credits immagine: NASA’s Marshall Space Flight Center/Flickr

1 commento

  1. Come ignorante della materia ma curioso e appassionato della stessa,mi sembra di capire che venga dato per scontato che questi raggi ad altissima energia,provengano dall’esterno della galassia,e che abbiano mantenuto costante la loro energia,senza magari averne acquistata altra durante il percorso per riuscire in questo modo ad arrivare vicini alla velocità della luce.
    Oltre che la descrizione di questo tipo di raggi cosmici avrei trovato molto interessante la precisazione della posizione nella nostra galassia di questo cerchio di 40 gradi di diametro che costituisce il 6 per cento del cielo boreale,dove sono concentrati un “quarto dei nostri eventi“.

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