Ebola, cosa sappiamo del virus

Ebola è arrivata anche in Mali e i casi di infezione da virus hanno ormai superato quota diecimila (circa la metà le vittime). Ma a oltre otto mesi dallo scoppio dell’epidemia, si fa ancora fatica a capire quali sia davvero la situazione in Africa, e il mondo occidentale, colpito con casi sporadici, fatica a contenere l’isteria da ebola. Anche a livello istituzionale, con i governatori New York, New Jersey e Illinois pronti ad adottare l’isolamento a tutti gli operatori sanitari di rientro dalle zone colpite, sebbene poi, su invito anche del Presidente Obama, le stesse misure sono state in qualche modo mitigate, come riferisce il New York Times, basate su quel che dice la scienza. E la scienza su ebola (per ora) dice questo, come ricordano NewsOne e il Cdc.

Non è facile prendersi l’ebola
Il virus si trasmette per contatto con fluidi e secrezioni di persone infette. E la trasmissione non è così facile: le vie di ingresso del patogeno sono infatti quelle sessuali, tagli o abrasioni sulla pelle, occhi, naso e gola. A queste si aggiungono quelle alimentari, ovvero per aver mangiato carni di animali portatori del virus. Fuori del corpo il virus solo in alcuni casi può rimanere vitale e rischiare di contagiare altre persone, per esempio mantenendosi in un ambiente umido/bagnato e a temperatura ambiente. In tal caso il patogeno può rimanere infettivo anche per giorni.

Il contagio inizia con manifestarsi dei sintomi
Le infezioni del virus ebola sono molto variabili, e per questo si possono solo fare ipotesi sul legame tra infezione, sintomi e rischio contagio. Generalmente una persona comincia a diventare contagiosa nel momento in cui compaiono i sintomi, 8-10 giorni dopo aver contratto l’infezione. Nei maschi però il virus può sopravvivere nello sperma fino a tre mesi.

Le chance di sopravvivere ad ebola sono variabili
Tempestività di diagnosi, cure (di sostegno) e una buon stato di salute generale aumentano le chance di sopravvivenza all’infezione. Il tasso di mortalità è intorno al 50% ma a seconda del ceppo può variare dal 25% al 90%. Sopravvivere a ebola significa rimanere immuni dal virus per circa dieci anni, anche se dati riguardo l’immunità acquisita in seguito all’infezione e al suo superamento rimangono dubbi e non è chiaro se il recupero post-infezione protegga anche da altri ceppi del virus.

Non ci sono vaccini al momento contro ebola
Come vi avevamo già raccontato per ora non ci sono vaccini approvati in grado di proteggere dall’infezione. Diversi però sono gli studi – anche nell’uomo – in fase di sperimentazione e i più promettenti per ora rimangono il canadese VSV-EBOV e quello italiano di Okairos/Advent della Gsk.

La prevenzione rimane la migliore arma contro il virus
Prevenzione fatta di semplici regole (almeno per i comuni cittadini e non gli operatori sanitari): lavarsi spesso le mani, anche con un igienizzante; evitare il contatto con fluidi e secrezioni di persone infette (morti inclusi); evitare il contatto con oggetti venuti in contatto con sangue o secrezioni di persone malate; non toccare pipistrelli e primati nelle zone interessate dall’epidemia e non mangiare carni di questi animali; cercare aiuto medico se si è venuti in contatto con persone infettate dal virus o nelle zone colpite e si manifestano sintomi come febbre, mal di testa, dolori muscolari, vomito, e sanguinamento inspiegabile.

I trattamenti contro il virus che possono aiutare
Anche se una cura contro ebola ancora non c’è alcuni trattamenti di supporto possono fare la differenza, soprattutto se somministrati precocemente. In particolare interventi di reidratazione, somministrazione di nutrienti per via endovenosa e il mantenimento della pressione arteriosa sono fondamentali per dare al corpo il tempo di combattere il virus. A volte si rendono necessari ossigeno-terapia, trasfusioni di sangue e sieri di persone sopravvissute per contrastare l’infezione.

Via: Wired.it

Credits immagine: NIAID/Flickr

1 commento

  1. Il problema EBOLA è stato sottovalutato colpevolmente.
    Eviterò di toccare o accarezzare pipistrelli.

    Alla sesta riga dell’articolo si legge:” si fa ancora fatica a…”
    “Far fatica a …” è una locuzione non appropriata, caratteristica e abusata dell’idioma dialettale lombardo.
    La forma appropriata sarebbe ad esempio: ” si incontra qualche difficoltà a capire …”
    Cordiali saluti.
    Cesare Zaccaria

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