Un nuovo test per l’infertilità maschile

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(Foto via Pixabay)

Un nuovo test in grado di esaminare gli spermatozoi umani senza danneggiarli. A svilupparlo sono stati i ricercatori dell’Università di Sheffield, che raccontano su Molecular Human Reproduction come questa nuova tecnica possa migliorare notevolmente la diagnosi di infertilità maschile. Infatti, il nuovo test utilizza la cosiddetta spettroscopia a risonanza magnetica per esaminare le molecole nello sperma vivo, riuscendo a individuare gli spermatozoi buoni e quelli cattivi, permettendo inoltre che lo sperma esaminato possa essere utilizzato successivamente nei trattamenti di fertilità.

In particolare, la tecnica della spettroscopia a risonanza magnetica consente di ottenere informazioni metaboliche e istologiche in vivo del tessuto preso in esame. A differenza di altri metodi di analisi più invasivi, questa innovativa tecnica si è dimostrata in grado di non danneggiare lo sperma, permettendo così il suo pontenziale riutilizzo per il trattamento della fecondazione in vitro (fiv). “La tecnica della spettroscopia di risonanza magnetica è stata precedentemente utilizzata per esaminare la composizione molecolare di molte cellule e tessuti in altre malattie, come il cancro, ma non è mai stata utilizzata per esaminare spermatozoi vivi”, spiega Martyn Paley, co-autore dello studio.“Questi risultati, quindi, sono i primi al mondo. Avere a disposizione una tecnica che può esaminare la struttura molecolare degli spermatozoi senza danneggiarli è veramente eccitante”.

Una delle sfide più grandi della ricerca è stata quella di differenziare le molecole presenti negli spermatozoi e da quelle presenti nel plasma seminale, liquido in cui gli spermatozoi vengono eiaculati. Per riuscirci, il team di ricercatori si è servito di una tecnica di lavaggio dello sperma attualmente utilizzata per il trattamento della fiv: una centrifuga in grado di ridurre il rumore di fondo delle molecole nel plasma seminale fino a un punto in cui si possono rilevare in modo affidabile quelle degli spermatozoi. “Il lavaggio dello sperma in una centrifuga è fondamentale per questa tecnica in quanto qualsiasi contaminazione dal plasma seminale può essere rilevata anche dal dispositivo della spettroscopia a risonanza magnetica”, spiega Sarah Calvert, che ha collaborato allo studio. “Con le tecniche che sono comunemente usate per la fiv siamo quindi riusciti a minimizzare questa contaminazione”.

Dalle analisi è emerso che un certo numero di molecole, come la colina, i lipidi e il lattato è risultato significativamente diverso tra i vari campioni di spermatozoi presi in esame. “Il fatto che possiamo individuare le differenze nella composizione molecolare tra i campioni di sperma buono e povero è molto importante perché ci offre l’opportunità di sviluppare un nuovo biomarker per migliorare le diagnosi”, conclude l’autore, Steven Reynolds.

Via: Wired.it

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