Vaccini obbligatori, cosa racconta il caso della California

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La campagna elettorale è appena iniziata. E insieme a temi abituali come l’immigrazione, le tasse, la Rai o l’euro, quest’anno c’è da aspettarsi un’importante new entry nel dibattito politico: i vaccini. Tema caldo, anzi caldissimo, che pur arrivando da mesi di polemiche e discussioni sembra destinato a tenere banco anche nelle prossime settimane. Almeno a giudicare dalle recenti dichiarazioni della Lega e dei 5 Stelle, che hanno iniziato questo 2018 sparando a zero sull’obbligatorietà introdotta dal nuovo decreto Lorenzin. Meglio – a parer loro – tornare alle quattro vaccinazioni precedenti, abolendo anche la necessità per l’accesso alle scuole. Sul tema si è detto abbastanza negli ultimi mesi, ed è giusto che ognuno si faccia liberamente la propria opinione. Ma per aiutare il dibattito potrebbe essere utile aggiungere un ulteriore spunto di riflessione. O meglio rispondere a una domanda: l’obbligatorietà funziona? A prescindere dal numero di vaccini, dai loro effetti collaterali veri e presunti, dalle sanzioni che possiamo introdurre e dalla situazione nel resto del globo, l’obbligo vaccinale è una risposta efficace al calo delle coperture? In questo senso può essere interessante guadare a qualche esempio concreto.

Un buon punto di partenza in questo caso sono gli Usa, paese che pur con le dovute differenze si è trovato in una situazione simile a quella italiana. In questo caso parliamo di morbillo, malattia che ha un peso ben diverso nelle due nazioni. L’Italia è infatti maglia nera tra i paesi occidentali: quinta per numero totale di casi alle spalle di India, Nigeria, Pakistan, Ucraina e Cina. Paesi che hanno evidentemente situazioni diverse dalla nostra, e un sistema sanitario con ben altre priorità. Gli Usa dal canto loro invece non sono messi male: 120 casi registrati nel 2017, contro gli oltre 3.600 del nostro paese. Eppure anche dall’altra parte dell’oceano si sono trovati ad affrontare un’emergenza. Era il dicembre del 2014 quando nella Disneyland californiana si iniziarono a registrare i primi casi di morbillo. Tanti, troppi: 159 prima che le autorità sanitarie dichiarassero debellato il focolaio. E cercando di scoprirne le cause, gli esperti valutarono che l’infezione era riuscita a diffondersi con tanta facilità a causa di un pericoloso calo delle coperture vaccinali.La legge della California infatti prevedeva la necessità di vaccinare i bambini prima dell’iscrizione alle scuole elementari. Ma lasciava una scappatoia: la possibilità di esenzione per convinzioni personali. Una sorta di obiezione di coscienza che permetteva a chiunque di non vaccinare i propri figli se per motivi religiosi, filosofici o di altro tipo, non lo ritenesse giusto. A guardare i numeri assoluti questo non creava grandi problemi nello stato: la California si collocava intorno al 93% in quanto a copertura vaccinale contro il morbillo. Non male, considerando che la percentuale necessaria per ottenere l’effetto gregge nel caso del morbillo si aggira attorno al 90-95%. Ma a leggere meglio i dati, la situazione era leggermente diversa.Come fa notare un articolo del New York Times a firma di Emily Oster, un’economista della Brown University che si è interessata spesso di vaccini ed effetto gregge, l’importante non è la copertura media sul territorio dello Stato, ma le percentuali di vaccinati a livello delle singole comunità. E se nel Nord della California si arrivava anche al 98% di copertura, molte popolose zone del Sud erano ben al di sotto dei livelli di guardia: letti così i dati relativi al 2014 ci dicono che il 70% dei bambini californiani viveva in zone con una copertura inferiore al 95%, e il 36% in aree in cui si scendeva al di sotto del 90%.

Ed è per questo – hanno concluso gli esperti – che il morbillo, arrivato probabilmente all’interno dell’organismo di qualche visitatore straniero, ha trovato terreno fertile per causare un’epidemia nella Disneyland californiana. Sull’onda dell’emergenza le istituzioni dello stato hanno deciso di intervenire, varando il cosiddetto Bill 277, una legge che sostanzialmente eliminava la possibilità di esenzione per convinzioni personali. Rendendo così effettivamente obbligatorio il vaccino contro il morbillo, esattamente come è oggi da noi in seguito al decreto Lorenzin. Bene, il risultato? La legge è entrata in vigore nel 2016, e al termine dell’anno la situazione era cambiata radicalmente: oggi infatti il 97% dei bambini californiani vive in contee in cui la copertura vaccinale supera il 95%, e la quasi totalità (il 99,5%) in zone in cui è comunque superiore al 90%.

Come sottolinea Oster, i timori all’indomani del varo della nuova legge erano che potesse spingere molti genitori oltranzisti a ritirare i propri figli dal sistema scolastico. E invece i dati più recenti dimostrano che il numero di bambini nelle scuole dello stato è rimasto invariato, mentre la quasi totalità vive in aree in cui un’epidemia di morbillo dovrebbe essere pressoché impossibile grazie alla protezione offerta dall’effetto gregge. Di fronte all’emergenza, insomma, l’obbligo ha funzionato, sistemando la situazione letteralmente nel giro di pochi mesi.

Ma quel che vale per la California vale per forza anche nel nostro paese? Non è detto, ma anche da noi ci sono dei dati incoraggianti: quelli dell’Emilia Romagna, autentico cantiere dell’obbligo vaccinale grazie alla legge regionale che nel novembre del 2016 ha reintrodotto la necessità di vaccinare i bambini per l’iscrizione all’asilo. La norma ha preceduto di diversi mesi la legge nazionale, e riguardava quindi solamente i quattro vaccini obbligatori all’epoca: poliomielitedifteritetetano ed epatite B. In ogni caso, a un anno dall’entrata in vigore della norma i risultati dimostrano la sua efficacia, con una copertura complessiva per questi vaccini che supera il 96%, mentre l’anno precedente era di poco superiore al 93%.

I dati non riguardano il morbillo, ma tutto lascia immaginare che la situazione si rivelerà la stessa anche per questa malattia. E nulla lascia pensare che nelle altre regioni italiane le cose vadano in maniera diversa. Se poi l’obbligo vaccinale sia la strada giusta, dipende dall’obbiettivo che ci si pone. Per sistemare velocemente una situazione potenzialmente pericolosa, l’esempio californiano ci dice che si tratta di una strategia efficace. Parlando della gestione ordinaria esistono situazioni, e idee, molto diverse in Europa, con paesi come la Francia che stanno seguendo l’esempio italiano, nazioni che già avevano un calendario vaccinale più impegnativo del nostro, e altre che mantengono livelli di copertura invidiabili senza dover ricorrere a obblighi e sanzioni. Ogni stato e ogni popolo, in questo senso, fa storia a sé.

Via: Wired.it

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