Lì a Sakkara, dove gli imbalsamatori egizi preparavano le mummie

egizi maschera
(Credit: University of Tübingen, Ramadan B. Hussein.)

Una rarissima maschera sepolcrale in argento dorato è stata ritrovata sulla mummia di un sacerdote del periodo saitico-persiano (664-404 a.C.) nella necropoli di Sakkara, in Egitto. La missione archeologica tedesco-egiziana, diretta da Ramadan Badry Hussein dell’Università di Tubinga, ha rinvenuto la maschera inviolata all’interno di un vasto complesso funerario, che a quanto pare serviva anche come vero e proprio centro di mummificazione per gli Egizi.

La mummia con la maschera era in un sarcofago di legno danneggiato, originariamente intonacato e dipinto con l’immagine della dea Nut e con il nome e il titolo del sacerdote, vissuto durante la 26° dinastia. L’esame microscopico eseguito dal Museo Egizio del Cairo mostra che gli occhi sono intarsiati con calcite, ossidiana e una gemma nera che potrebbe essere onice.

“Il ritrovamento di questa maschera si può considerare eccezionale” ha commentato Hussein: “Pochissime sono le maschere di metallo prezioso giunte integre fino ai giorni nostri, perché le tombe degli antichi dignitari egiziani sono già state saccheggiate nel passato”.

La missione dell’Università di Tubinga ha scoperto anche un laboratorio per la mummificazione dei corpi, che fa parte di un complesso funerario costituito da diverse tombe a pozzo, alcune delle quali profonde più di trenta metri. Il laboratorio è composto da un edificio rettangolare costruito con mattoni di fango e blocchi irregolari di calcare. In questo spazio gli archeologi hanno trovato due grandi vasche verosimilmente usate per disidratare i corpi con il natron (carbonato di sodio idrato, sostanza naturale che si depositava nelle pozze di esondazione del Nilo dopo il loro prosciugamento) e per la preparazione delle bende per avvolgerli.

Sono stati ritrovati anche vasi, ciotole e misurini che riportano i nomi degli oli e delle sostanze usate nel processo di mummificazione. Il laboratorio di mummificazione comprendeva anche uno spazio di sepoltura comune con un grande pozzo che collega a camere sepolcrali in parte ancora inesplorate. Qui gli archeologi non hanno rinvenuto solo mummie e sarcofagi, ma anche shawabti in faience egizia (piccole statue in materiale vetroso che costituivano elemento integrante ed indispensabile del corredo funebre) e vasi in alabastro per contenere gli organi delle persone mummificate.

L’eScience Center dell’Università di Tubinga, diretto da Matthias Lang, si occuperà ora di preservare, visualizzare e analizzare questo patrimonio, grazie all’uso della tecnologia, tramite la creazione di modelli 3D e scansioni laser delle camere funerarie e degli oggetti contenuti.

Riferimenti: Università di Tubinga, foto copertina: University of Tübingen, Ramadan B. Hussein.

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