I cebi danno lezioni di economia

Cebi
Credits: Sabrina Rossi

Non votano sulla Brexit e non discutono di flat tax – fortuna loro – ma comprendono e padroneggiano alcuni semplici concetti di economia. Parliamo dei cebi dai cornetti, specie di primati separatisi dall’essere umano circa 35 milioni di anni fa: un’équipe di ricercatori, tra cui anche diversi scienziati italiani, ha appena mostrato che queste scimmie sono in grado di riconoscere quali oggetti hanno maggior valore per essere utilizzati come moneta di scambio con cui ottenere del cibo. In particolare, la ricerca non soltanto conferma il fatto (già noto da diversi decenni) che i cebi riescono a comprendere il valore del “denaro” e come utilizzarlo, ma anche che riescono a capire quali “monete” siano in corso di validità e quali, invece, non hanno alcun potere d’acquisto. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Animal Cognition.

Non date lire ai cebi

“Già dagli anni Trenta, e poi nei decenni a seguire”, ci racconta Francesca De Petrillo, ricercatrice allo Iast di Tolosa e prima autrice dello studio, “diversi studi hanno dimostrato che almeno due specie di primati, gli scimpanzé e i cebi, opportunamente addestrati, sono in grado di riconoscere e comprendere il valore nominale di oggetti di uso quotidiano, come chiavi, gettoni, bulloni metallici o fiche, e utilizzarli per ‘acquistare’ del cibo, come se si trattasse di denaro”. Nel loro studio, gli scienziati hanno fatto un passo avanti, cercando di capire fino a che punto si spingesse tale comprensione: “Nonostante il denaro sia un’invenzione relativamente moderna”, continua De Petrillo, “il cervello degli esseri umani riesce a capire immediatamente se una moneta o una banconota è in corso o meno – distinguendo, per esempio, tra euro e lira. Ci bastano pochi milllisecondi per farlo, più o meno lo stesso tempo che impieghiamo a riconoscere un volto: ci siamo chiesti, allora, se lo stesso meccanismo valesse anche per i cebi”.

Riconoscere la valuta in corso

Per scoprirlo, l’équipe ha coinvolto sei cebi dai cornetti in due diversi esperimenti di scambio di token (gettoni colorati, bulloni, oggetti di ferramenta). A ogni scimmia è stato consegnato un set di quattro diversi token: token familiari (a loro già noti) e non familiari (come potrebbe essere per noi una valuta estera) che, nello scambio con lo sperimentatore, portano a una ricompensa alimentare; token non validi, usati in precedenti esperimenti, ma senza valore di scambio (come potrebbe essere per noi la lira); infine oggetti sconosciuti senza alcun valore di scambio.

I ricercatori hanno osservato che le scimmie riconoscevano prontamente la validità dei token come mezzo di scambio, indipendentemente dalla loro familiarità: “Abbiamo dimostrato”, spiega De Petrillo, “che i cebi sono in grado di categorizzare i token in base alla loro validità, cioè al loro essere ‘in corso’, come lo è l’euro rispetto alla vecchia lira. Analogamente a quanto avviene negli esseri umani, i cebi hanno scambiato per primi e in maggior numero i token ‘in corso’ rispetto a quelli ‘fuori corso’ e agli oggetti privi di valore, a prescindere dalla loro familiarità. Pertanto, concludiamo che i cebi sono in grado di categorizzare e utilizzare i token in modo simile a quanto facciamo noi con il denaro”.

Merce-denaro-merce

Ma non finisce qui. Il secondo esperimento ha mostrato anche che le scimmie sono in grado di fare scambi multipli, ovvero di dare del cibo a uno sperimentatore per ottenere dei token con i quali, successivamente, acquistare altro cibo: “Quando in un secondo esperimento”, spiega Elsa Addessi  dell’Unità di primatologia cognitiva dell’Istituto di scienze e tecnologie della cognizione (Istc) del Cnr, coautrice dello studio, “abbiamo dato loro un pezzo di cibo che poteva essere barattato con un token, che a sua volta poteva poi essere scambiato con un cibo di qualità superiore al primo, i cebi hanno eseguito questa serie di baratti vantaggiosi.

Non mangiare subito un cibo e scambiarlo con un token richiede un’elevata capacità di autocontrollo ed è vantaggioso solo se ne vale la pena”.  Anche scimmie evolutivamente distanti da noi, concludono gli autori, sono in grado di padroneggiare bene i concetti precursori di una proto-economia monetaria. E forse addirittura di usare i denari in modo più oculato.

Credits foto: Sabrina Rossi
Credits video: Cnr

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