Salute

E se potessimo cancellare i brutti ricordi?

di Emanuele Cullorà, Lorenza D’Isidoro

Tutti hanno vissuto almeno un incidente traumatico nella propria vita, spesso associato a incubi ricorrenti o a veri e propri attacchi di panico. Ciclicamente quel trauma si ripresenta attraverso oggetti o ambienti che lo rievocano. Questo meccanismo, che lega un brutto ricordo ad elementi di contorno, è una delle caratteristiche più comuni della sindrome da stress post-traumatico. Eppure potrebbe essere possibile fermare questo meccanismo. Lo suggerisce la ricerca condotta da un gruppo di scienziati della Columbia University Medical Center di New York e pubblicata su Current Biology, secondo cui è possibile eliminare selettivamente i brutti ricordi, cancellando le connessioni nervose che conservano i ricordi traumatici o gli attacchi di panico associati. L’equipe, guidata da Samuel Shacher, ha condotto lo studio su un mollusco marino del genere Aplysia, utilizzato come modello per la somiglianza dei suoi neuroni con quelli umani.

Quando subiamo un trauma o un evento particolarmente emotivo, il nostro cervello non ne registra soltanto gli aspetti salienti ma anche diversi elementi secondari, come oggetti, paesaggi, espressioni verbali o fisiche legate all’evento. La memoria a lungo termine dei brutti ricordi è codificata a livello delle sinapsi, le strutture che connettono i neuroni gli uni agli altri: quanto più tale connessione è forte, tanto più è frequente il ricordo.

Secondo la ricerca, il meccanismo è regolato da due varianti dello stesso enzima: l’enzima PKM Apl III, legato all’emergere dei ricordi associati all’evento e PKM Apl I, legato invece agli impulsi che regolano gli aspetti incidentali del ricordo.

I ricercatori hanno trovato due modi di bloccare uno dei due enzimi senza influenzare l’attività dell’altro, fermando il brutto ricordo o mantenendolo senza ansia e panico, attraverso l’iniezione di una molecola capace di bloccare l’attività di PKM Apl I o interferendo con la sintesi di proteine mediatrici come Kibra, alla base della funzionalità di PKM Apl III, associato al ricordo.

Le implicazioni potenziali di questa scoperta esplorano la possibilità di sviluppare farmaci capaci di fermare i brutti ricordi e, soprattutto, gli attacchi d’ansia che ne derivano.

Articolo prodotto in collaborazione con il Master in Giornalismo e comunicazione istituzionale della scienza dell’Università di Ferrara

Redazione Galileo

Gli interventi a cura della Redazione di Galileo.

Articoli recenti

Mesotelioma, 9 casi su 10 sono dovuti all’amianto

Si tratta di una patologia rara e difficile da trattare. Colpisce prevalentemente gli uomini e…

38 minuti fa

Uno dei più misteriosi manoscritti medioevali potrebbe essere stato finalmente decifrato

Secondo gli autori di un recente studio potrebbe contenere informazioni sul sesso e sul concepimento,…

3 giorni fa

Ripresa la comunicazione con la sonda Voyager 1

Dopo il segnale incomprensibile, gli scienziati hanno riparato il danno a uno dei computer di…

5 giorni fa

Atrofia muscolare spinale, ampliati i criteri di rimborsabilità della terapia genica

L’Aifa ha approvato l’estensione della rimborsabilità del trattamento, che era già stato approvato per l'atrofia…

6 giorni fa

Così i tardigradi combattono gli effetti delle radiazioni

Resistono alle radiazioni potenziando la loro capacità di riparare i danni al dna. Piccolo aggiornamento…

7 giorni fa

Leptospirosi: perché crescono i casi a New York?

Mai così tanti casi di leptospirosi in un anno dal 2001: a contribuire all’aumento delle…

1 settimana fa

Questo sito o gli strumenti di terze parti in esso integrati trattano dati personali (es. dati di navigazione o indirizzi IP) e fanno uso di cookie o altri identificatori necessari per il funzionamento e per il raggiungimento delle finalità descritte nella cookie policy.

Leggi di più