A caccia delle differenze

Cercare i geni che hanno guidato l’evoluzione dalla scimmia all’essere umano. E’ l’obiettivo di uno studio di Rasmus Nielsen e Michele Cargill, pubblicato sulla rivista open-access PLoS Biology. I nostri geni differiscono da quelli dei nostri cugini primati solamente di un punto percentuale, eppure le nostre diversità sono notevoli. Lo studio propone di indagare la differenziazione, avvenuta tra 5 e 6 milioni di anni fa, che ha permesso all’uomo di sviluppare l’abilità di camminare e sviluppare pensieri complessi, cercando le tracce genetiche lasciate dalla selezione. La tesi degli autori è che i geni colpiti dalla selezione naturale positiva presentino, nelle principali funzioni, dei cambiamenti molecolari maggiori rispetto alle zone risparmiate dalla selezione. Comparando oltre 13mila geni umani ai corrispettivi geni dello scimpanzé, sono state identificate le prove più forti di selezione positiva nei geni legati alle difese immunitarie. Altri protagonisti selettivi sono risultati essere i geni preposti alla soppressione dei tumori e all’apopotosi, trovati in gran numero. Il quadro che emerge da questi risultati non è chiaro ma gli autori credono che uno studio delle altre funzioni di questi geni, nella spermatogenesi o nelle funzioni immunitarie, getti maggior luce. Potrebbe essere, ad esempio, che emerga un conflitto d’interesse e una conseguente lotta selettiva tra i cambiamenti genetici per la proliferazione cellulare richiesti dalle cellule spermatiche e quelli richiesti dalla necessità dell’organismo di combattere i tumori. (m.d.b.)

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