A caccia di giornalisti

Informazione senza frontiere
A caccia di giornalisti
Edizioni Oli
pp. 94, £ 15000

A Custadio Rafael, giornalista di Radio Monzambico è stata tagliata la lingua ‘perché parlava troppo’. Carlo Cardoso invece è stato ucciso a crivellate nei pressi della redazione del quotidiano indipendente Metical, da lui fondato a Maputo. Aveva appena pubblicato i nomi delle persone coinvolte in una truffa ai danni della Banca Centrale del Mozambico. Nella repubblica democratica del Congo, redazioni di giornali sono state attaccate da vere e proprie ‘bombe di merda’. E ancora in Kenya, dopo la pubblicazione di un articolo sull’uso di droghe nei campus universitari, un gruppo di studenti ha cercato di dar fuoco alla sede del giornale The Nation. E ancora giornalisti picchiati, arrestati e torturati. E costretti a pubbliche smentite. Perseguitati dalla polizia, dai governi e dalle mafie locali. Sono le storie raccolte da “Africa: a caccia di giornalisti”, un rapporto sulla situazione dei media durante il 2000 che è stato presentato oggi nel salone dell’Associazione Stampa Estera a Roma. Il libro è stato curato da Informazione Senza Frontiere, con la collaborazione degli studenti della Scuola superiore di Giornalismo di Bologna e sulla base dei dati forniti dall’International Press Institute di Vienna. Racconta la caccia all’uomo che si svolge oggi nelle ‘civilizzate’ metropoli degli stati africani. Una pratica perseguita dai poteri pubblici e privati. Per costringere all’autocensura personaggi scomodi, persone che non hanno scelto di andar via, di emigrare nei paesi occidentali, ma rimanendo nel loro paese pagano il prezzo della Crisi Africana.

Una crisi che non riguarda solo le guerre tra gli stati, o la diffusione a macchia d’olio dell’Aids, ma coinvolge anche la società civile. Che nasce e si sviluppa dentro gli strascichi del processo di decolonizzazione. “Cercate il regno politico e tutto il resto vi sarà dato in più”. La parafrasi di una frase del Vangelo. Parole di Nkrumah, leader politico del Ghana, il primo territorio dell’Africa nera che ha conquistato l’indipendenza, che riassumono lo spirito che animò molti stati del continente nero durante la decolonizzazione. Un processo frutto di fratture e violenze geografiche ed etniche, che dopo la crisi degli anni Ottanta, ha fatto esplodere nel paese i movimenti nazionalisti e la violenza. Un clima di odio e di censura, in cui la libertà di stampa e gli operatori dell’informazione sono dei bersagli privilegiati. Il Rapporto, oltre a denunciare la violenza nei confronti dei giornalisti di diversi paesi, racconta anche storie di coraggio e di dignità. E ricorda l’impegno quotidiano di alcune organizzazioni come Journalistes en danger e il Media Institute of South Africa nelle azioni di denuncia e nelle campagne di sensibilizzazione nei confronti della libertà di espressione e di critica.

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