Categorie: SaluteSpazio

A lezione di alimentazione dalla Cristoforetti

Finora è andato tutto secondo i piani. Samantha Cristoforetti è arrivata in perfetto orario sulla Stazione spaziale internazionale. Ed è pronta a iniziare gli esperimenti della missione Futura. Tra questi, uno dei più curiosi è legato al programma alimentare da seguire a bordo. Sulle pagine del blog della missione, Avamposto42, Sam ha iniziato a raccontare “come mettere il carburante giusto” nel proprio corpo, “proprio come se fosse una piccola Soyuz in versione umana”. 

Per parlare di cibo e benessere alimentare, Samantha ha preso spunto dal famoso Milliways, il ristorante ai confini dell’Universo della Guida galattica per autostoppistidi Douglas Adams, dove i piatti si presentano da soli. Con qualche distinguo, però: “ Quello che vivono i protagonisti del secondo libro della Guida Galattica per Autostoppisti di Douglas Adams non è certo quello che possiamo sperimentare noi quando andiamo al ristorante più vicino: quando ci sediamo al tavolo il piatto del giorno non viene certo ad accoglierci!”, racconta Samantha. “Ma c’è una cosa che di sicuro Adams e il suo ‘piatto del giorno’ hanno detto giusto: per stare in forma, cereali e ginnastica sono essenziali”.

Sempre su Avamposto42 il dottor Filippo Ongaro spiega che il lavoro sul regime alimentare degli astronauti comincia in realtà molto prima della missione vera e propria, “con uno studio dei gusti e delle esigenze nutrizionali di ogni membro dell’equipaggio che sarà necessario per sviluppare un menu completo per l’intera missione”. L’introito calorico, dice Ongaro, deve essere accuratamente calcolato in modo da bilanciare il dispendio energetico previsto e preservare i tessuti muscolare e osseo indeboliti dalla permanenza in condizioni di microgravità.

Il cibo portato a bordo da Samantha, in particolare, è stato preparato da Stefano Polato, chef 33enne di Monselice, che racconta a RaiNews di aver studiato un menu “che possa essere usato anche come strumento di divulgazione”. Particolarmente ricco di frutta e verdura, cereali integrali e proteine derivanti soprattutto da pesce azzurro e carne bianca. Lo space food, spiega ancora Polato, deve seguire le regole imposte dal laboratorio della Nasa che valuta l’idoneità del preparato: “Innanzitutto i prodotti devono essere conservabili a temperatura ambiente per 18-24 mesi. Inoltre il packaging deve permettere di riscaldare l’alimento. Infine bisogna evitare il ‘rischio volatilità‘: una volta presa la pietanza con la posata, questa deve rimanere attaccata perché eventuali briciole che si staccano potrebbero danneggiare gli strumenti o essere inalate inavvertitamente dagli astronauti”. Buon appetito, Sam.

Credits immagine: Avamposto42
Via: Wired.it

Sandro Iannaccone

Giornalista a Galileo, Giornale di Scienza dal 2012. È laureato in fisica teorica e collabora con le testate La Repubblica, Wired, L’Espresso, D-La Repubblica.

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