Il caso è di qualche tempo fa ma vale la pena tornare a riflettere ancora sul diritto all’obiezione di coscienza, che di tanto in tanto torna a far discutere, e non solo entro i nostri confini. In Scozia, per esempio, due ostetriche si sono rifiutate non di procurare aborti, ma di fare assistenza durante gli interventi di interruzione di gravidanza. Ma sono state richiamate al dovere dalla Corte Suprema, che ha dato ragione a una richiesta di appello da parte della stessa struttura sanitaria, stabilendo che l’obiezione è consentita solo per le operazioni di aborto vere e proprie, non per attività di routine come la preparazione della sala operatoria o l’assistenza ai medici.
Mentre Cristianofobia ha difeso il tentativo delle due ostetriche, sostenendo che volevano solo salvaguardare la propria coscienza, anche a costo di rimetterci lo stipendio, Chiara Lalli bioeticista e giornalista scientifica, non ci sta e smonta gli argomenti presenti nell’articolo: “questa versione dei fatti è il tipico esempio di come i concetti e gli avvenimenti possano essere deformati: le due ostetriche non dovevano procurare aborti, ma fare semplicemente assistenza”.
Chiara Lalli, queste due ostetriche volevano solo tutelare il loro diritto all’obiezione di coscienza.
“L’obiezione di coscienza è un diritto personale ma bisogna stare attenti al modo in cui si applica e nei casi in cui è previsto dalle leggi in ambito professionale. Forzando i confini dell’obiezione, si rischia di commettere un sopruso o un’omissione di soccorso poiché il servizio di interruzione di gravidanza dovrebbe essere garantito. In questo caso, la Corte Suprema ha dato ragione a quelle donne che rischiavano di vedersi togliere un servizio. È falso e sbagliato dire che queste due donne sono state ‘costrette’ e che ‘volevano solo tutelare il loro diritto all’obiezione di coscienza’. La Corte Suprema non ha leso né cancellato il diritto all’obiezione di coscienza”.
Cosa ne pensa lei dell’obiezione di coscienza?
“L’obiezione di coscienza rientra, appunto, nelle libertà personali. Da noi, per quanto riguarda l’interruzione di gravidanza, è prevista dall’articolo 9 della legge 194. Tuttavia occorre fare un’analisi terminologica. L’obiezione di coscienza di chi si opponeva alla leva (contra legem), per esempio, è molto diversa dall’obiezione di coscienza prevista dalla legge 194 o dalle altre leggi, come la legge 40 o la legge sulla sperimentazione animale, cosiddetta intra legem: perché dunque continuare a chiamarla allo stesso modo? Dipende anche da quali sono i diritti in conflitto e dai motivi per cui si esercita. Per esempio, chi si opponeva alla leva, anche se andava contro la legge, non ledeva i diritti altrui, non direttamente e non in senso forte, come accade per la 194. Chi oggi invoca l’obiezione di coscienza per l’interruzione di gravidanza, non va contro la legge poiché la 194 permette l’obiezione di coscienza, ma a certe condizioni: la legge 194 dice anche che il servizio IVG deve essere garantito, perciò sembra indicare una gerarchia; prima il servizio IVG, poi l’obiezione. L’interpretazione dell’obiezione spesso comporta la violazione dei diritti e vere e proprie omissioni di servizio; talvolta l’obiezione di coscienza diventa una scusa o un pretesto per non fornire assistenza”.
Il sito Nocristianofobia ha attaccato la sentenza definendola ideologica.
“Non c’è niente di ideologico dietro questa sentenza. Ha voluto solo fare chiarezza. E’ difficile dirimere i conflitti di questa natura: da una parte c’è l’appello al diritto all’obiezione di coscienza dall’altro c’è l’obbligo di garantire l’interruzione di gravidanza nelle strutture pubbliche. In Scozia, la sentenza ha riconosciuto che tra la donna che vuole abortire e il medico obiettore è più forte la donna. Ideologico è chi sostiene il contrario, andando contro la legge. Tanto più che le due ostetriche dovevano solo assistere e non provocare aborti”.
E’ questo dunque il tema eticamente rilevante?
“Esatto. Il piano su cui dobbiamo discutere è il delicato equilibrio tra libertà individuale e dovere professionale. Se si vogliono evitare questi conflitti, meglio fare altri lavori. Quanti conflitti tra dovere e coscienza è chiamato a superare un avvocato quando è chiamato a difendere un assassino? Oppure quando un medico deve curare uno stupratore? Eppure non invocano mai l’obiezione di coscienza, altrimenti pagherebbero un caro prezzo. Di nuovo: nessuno intende attaccare il diritto di coscienza”.
In Italia è molto alta la percentuale di obiettori e tutto ciò è tollerato dalle istituzioni pubbliche.
“La legge 194 in Italia ricalca i principi che stanno alla base della decisione della Corte Suprema. Ma nel nostro Paese le percentuali di obiettori sono molto alte, in alcune strutture altissime e addirittura totali: cioè ci sono strutture in cui non si può abortire. Ad esempio il Gemelli di Roma, che prende finanziamenti pubblici, non ha un reparto in cui eseguire interruzioni di gravidanza. E per questo, possiamo dire che è ‘fuori legge’. Altro problema di enorme rilievo è il fatto che le percentuali cambiano da Regione a Regione mentre i diritti dovrebbero essere equamente garantiti. Dunque in Italia la 194 risulta spesso inapplicata. Sia chiaro che anche la 194 permette l’obiezione ma entro certi limiti. Inoltre stabilisce (articolo 9) che l’obiezione riguarda le azioni specificamente volte a procurare l’aborto e non l’assistenza precedente e conseguente all’intervento; come giustificare in questo caso anestesisti e capo sale? Proprio per questi motivi, è tanto più importante in Italia non lasciarsi convincere da argomenti sbagliati e spesso contraddittori”.
Credits immagine: ssalonso/Flickr CC
Articolo prodotto in collaborazione con il Master sgp della Sapienza Università di Roma