Il convegno, organizzato dall’Università di Trento, dall’Associazione RFA, dal Castello del Buonconsiglio e sostenuto dal Progetto APSAT e dalla Cassa Centrale Banca, intende presentare le scoperte più significative e contemporaneamente fare il punto sullo stato della ricerca delineando gli obiettivi futuri in seguito alla scoperta del numero elevato di sepolture longobarde in Italia.
Responsabile scientifico del progetto è la dott.ssa Elisa Possenti dell’Università di Trento alla quale abbiamo chiesto di anticipare qualche dato:“I dati sono molti e importanti in quasi tutte le regioni dell’Italia settentrionale e centrale, il convegno ha tra i suoi obiettivi proprio quello di presentare al pubblico le nuove scoperte che, quindi sentiremo insieme durante i tre giorni dell’incontro. Tra le scoperte parzialmente note possiamo ricordare il grande sepolcreto di S. Albano Stura in Piemonte dove le ricerche dirette dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici hanno portato alla luce una estesa necropoli di quasi ottocento tombe; altrettanto importanti sono tuttavia altre scoperte effettuate per esempio in Lombardia e Veneto dove le necropoli sono caratterizzate da corredi di qualità e pregio veramente notevoli. Significativo è anche l’apporto del Trentino dove le ultime scoperte stanno contribuendo a definire meglio le cronologie di alcuni tipi di reperti che sono dei veri e propri fossili-guida anche per altre regioni .”
Quali sono state le metodologie di ricerca utilizzate?
“Le metodologie degli ultimi anni sono caratterizzate da una forte multidisciplinarietà, ragion per cui oltre all’archeologo il lavoro sul campo e poi quello successivo di studio, si avvalgono della competenza di altri studiosi quali i paleobotanici, gli antropologi, i paleopatologi, i fisici e i geologi. A questo proposito una delle tecniche di maggior novità è costituita dalle analisi paleonutrizionali che contestualmente danno indicazioni preziose sulla terra d’origine dei defunti. A questo proposito nell’ambito del convegno verranno presentati i risultati di una ricerca in corso presso la Römisch-Germanische Kommission di Francoforte su alcuni campioni osteologici provenienti da necropoli longobarde dell’Ungheria e della Boemia. D’altro canto lo studio delle necropoli può interagire – come il caso trentino dimostra in modo molto significativo e con risultati assolutamente innovativi – anche con lo studio dei paesaggi e degli insediamenti ”.
Come si pone la nostra città nei confronti dei Longobardi e quale è stata la loro influenza?
“ Trento è stata segnata fin dai tempi di Paolo Orsi da uno spiccato interesse verso le testimonianze lasciate durante il corso dell’alto medieovo dai popoli germanici (Ostrogoti, Longobardi) e si trova idealmente e fisicamente a cavallo tra il resto delle regioni d’Italia interessate da queste presenze e il mondo transalpino in cui è molto radicata la tradizione di studi su questi popoli. Le ricerche condotte sul territorio trentino grazie al Grande Progetto Apsat (Ambiente e Paesaggi dei Siti d’Altura Trentini) scientificamente diretto dal prof. Gian Pietro Brogiolo, hanno d’altro canto contribuito ad acquisire una serie di dati nuovi sulle trasformazioni del territorio a partire dall’età longobarda. Dal momento che questi dati dialogano in modo estremamente interessante con quelli relativi alle necropoli – che tuttora costituiscono uno degli indicatori più significativi del periodo altomedievale – si è quindi avvertita la necessità di instaurare un confronto con le altre regioni italiane al fine di contestualizzare meglio il caso trentino. I Longobardi hanno senz’altro segnato una tappa importante nel percorso storico che ha portato alla situazione odierna. Duplice e solo apparentemente contrastante è stato il loro ruolo: da una parte di rottura e innovazione rispetto alla precedente età romana, dall’altra di conservazione della tradizione romana medesima, o perlomeno di alcune sue parti. ”
La partecipazione al seminario è aperta a tutti, gradita l’iscrizione presso la segreteria organizzativa entro il 20 settembre.