Albumina umana dal riso transgenico

Coltivare riso per ricavarne proteine umane: potrebbe sembrare l’idea bizzarra di un visionario, invece è il frutto della ricerca nel campo dell’ingegneria genetica. Secondo uno studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences, infatti, i biotecnologi dell’Università di Wuhan, in Cina, hanno modificato geneticamente delle piante di riso asiatico (Oryza sativa) affinché producano grandi quantità di albumina, una proteina presente nel plasma del sangue, nel latte e in pochi vegetali, oltre che nelle uova.
Sempre più richiesta in ambito clinico, l’albumina umana (Human Serum Albumin – Hsa) viene utilizzata soprattutto per la cura di ustioni, emorragie gravi e cirrosi epatica, e per la produzione di farmaci e vaccini.

Attualmente questa proteina viene estratta esclusivamente dal sangue, ma la scarsa quantità disponibile, i costi elevati e il rischio di diffondere virus come Hcv e Hiv, derivante da donazioni non controllate di sangue infetto, hanno indotto le case farmaceutiche a cercare metodi di produzione più economici e altre fonti di albumina. Come spiegano i ricercatori, infatti, “lo sviluppo di un metodo a basso costo per la produzione di ricombinanti Hsa [cioè di molecole ottenute impiantando il gene umano nel genoma di un organismo ospite, ndr] è essenziale come alternativa più sicura e potenzialmente illimitata di albumina”. Proprio per tale motivo, dunque, negli ultimi anni si è cercato di sintetizzare la molecola utilizzando batteri, piante o animali geneticamente modificati; tuttavia, sebbene l’albumina ricombinante sia stata prodotta con successo con questi sistemi, la quantità che se ne ricava è sempre molto bassa.

Al contrario, nel riso geneticamente modificato creato dai biotecnologi cinesi il dieci percento delle proteine solubili è costituito da molecole di albumina ricombinante (OsrHSA – Oryza sativa recombinant HSA), e per ogni chilogrammo di raccolto si possono ricavare quasi tre grammi di questa preziosa sostanza. Per ottenere un simile risultato gli scienziati hanno inserito il gene che codifica per l’albumina umana nelle piante di riso, “programmandolo” in modo tale che la produzione delle molecole proteiche avvenga in concomitanza con la formazione dei chicchi. “I semi delle piante sono buoni veicoli per la produzione di proteine ricombinanti”, spiegano i ricercatori: qui infatti, come avviene per altre sostanze vegetali, l’albumina sintetizzata si accumula in grandi quantità e si mantiene stabile per lunghi periodi di tempo.

Una volta raccolti i chicchi, per separare l’albumina di origine umana dalle altre proteine del riso gli scienziati hanno messo a punto un metodo relativamente semplice, basato sul confronto del loro genoma con quello della pianta, ormai ben conosciuto. L’intero procedimento richiede due giorni, ma secondo quanto riportato nello studio la purezza dell’OsrHSA estratta e comparabile a quella della proteina umana. Inoltre, i test biochimici condotti sull’albumina ricombinante e quelli clinici, eseguiti utilizzando la molecola per curare topi modello, hanno mostrato che questa molecola sintetica è equivalente a quella prodotta nel sangue, sia per quanto riguarda la struttura chimica che la funzionalità.

“I risultati ottenuti – affermano gli scienziati – indicano che le sementi di riso offrono un’alternativa conveniente per la produzione di rHSA [albumina ricombinante, ndr]”. Unico neo della ricerca, dunque, è il rischio di contaminazione delle altre colture, qualora si dovesse realmente coltivare questo riso GM su larga scala. Tuttavia, secondo gli stessi ricercatori, seguendo le apposite linee guida europee e americane per testare le piante transgeniche sul campo, e utilizzando numerosi altri accorgimenti nelle diverse fasi di coltivazione, raccolta, trasporto e conservazione si potrebbe ampiamente ridurre l’impatto ambientale.

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