Alla base (neurale) della spiritualità

Esiste un circuito neurale che sottostà alla tendenza a proiettare se stessi in una “dimensione mistica” e meditativa – cioè a quel tratto caratteriale che viene anche definito “spiritualità”? Per la prima volta, uno studio tenta di dare una risposta a questa domanda cercando le relazioni di causa-effetto tra modificazioni dell’attività cerebrale e il pensiero spirituale.

La ricerca è di un gruppo italiano coordinato dal Polo Friuli e Venezia Giulia dell’Irccs Eugenio Medea, ed è stata pubblicata su Neuron. Gli studiosi avrebbero individuato la locazione dei circuiti nervosi legati al comportamento e al pensiero spirituale e trascendente (che consiste nella rappresentazione del sé fuori dai confini spazio-temporali del proprio corpo) nella aree temporo-parietali di entrambi gli emisferi.

Per comprendere a cosa si devono le differenze individuali nella propensione alla spiritualità, i ricercatori hanno formulato un questionario e lo hanno sottoposto a 88 pazienti con cancro cerebrale, sia prima sia dopo la rimozione chirurgica della massa tumorale (che toccava le aree anteriori o posteriori dei due emisferi).

Il test – Temperament and Character Inventory – TCI (Cloninger) mirava a valutare tre aspetti della personalità: “l’oblio creativo del sé”, “l’identificazione tran-spersonale” e “l’accettazione del mistico”. Punteggi alti nella prima parte sono solitamente ottenuti da persone che riescono ad immergersi totalmente in una attività come la meditazione, tanto da non rendersi conto del tempo che passa o dei bisogni fisici; bassi punteggi sono invece tipici di chi si definisce “concreto” e che difficilmente si lascia coinvolgere da esperienze astratte, come quelle artistiche. Nella seconda parte, i punteggi più alti sono ottenuti dai cosiddetti “idealisti”: coloro che si sentono parte integrante di un sistema e sono disposti a sacrificarsi per un ideale o per il  bene comune; coloro che ottengono un basso punteggio in  questa scala sono invece i caratteri più individualisti. Nella terza parte, i punti vanno a chi crede nel soprannaturale, dai miracoli alla magia, e che è disposto a soffrire la propria fede; al contrario, chi basa la proprie convinzioni sulle obiettività empiriche è invece agli ultimi posti della classifica.

Dopo l’asportazione del tumore, chi aveva lesioni nella parte posteriore ha mostrato un aumento significativo dei punteggi della prima scala, quella dell’auto-trascendenza. Correlando poi la sede della lesione ai cambiamenti di personalità, i ricercatori hanno trovato che le aree maggiormente associate a questo aspetto sono quelle temporo-parietali di entrambi gli emisferi.

È infatti noto che danni alla corteccia temporo-parietale possono portare a disturbi nel senso di appartenenza del proprio corpo, per esempio la convinzione che un arto paralizzato non faccia parte dell’organismo (somatoparafrenia). La stimolazione di quest’area può inoltre indurre l’esperienza di percepirsi al di fuori del proprio corpo.

Secondo Cosimo Urgesi, che ha guidato lo studio, alcuni aspetti della spiritualità sarebbero strettamente connessi con la percezione del proprio corpo e le differenze individuali potrebbero dipendere da diversi livelli di attivazione cerebrale nelle regioni individuate. (t.m.)

Riferimento: 10.1016/j.neuron.2010.01.026

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