Categorie: Salute

Scovare l’Alzheimer con un test degli occhi?

Grazie a un esame oculistico sarà forse possibile diagnosticare la malattia di Alzheimer con molti anni di anticipo rispetto all’insorgenza dei primi sintomi. È quanto emerge da due studi presentati durante l’Alzheimer’s Association International Conference, in corso a Copenhagen. Un gruppo di ricerca coordinato dall’australiano Csiro (Commonwealth Scientific and Industrial Research Organization) ha presentato i risultati preliminari di uno studio sulla retina, mentre una seconda ricerca, condotta dal team di Cognoptix, società americana nata per mettere a punto strumenti per una diagnosi precoce della malattia, si è concentrata invece sul cristallino. In entrambi i casi comunque, la proposta è di sfruttare una poco invasiva analisi degli occhi per identificare la concentrazione di proteine beta-amiloidi, responsabili della formazione delle placche amiloidi presenti nel cervello dei pazienti colpiti dall’Alzheimer.

Durante la conferenza i ricercatori australiani hanno presentato i dati ottenuti su 40 dei 200 partecipanti allo studio, che sarà completato entro la fine dell’anno. Per identificare le proteine beta-amiloidi hanno sfruttato le proprietà fluorescenti della curcuma, l’ingrediente principale del curry. La curcuma infatti si lega a queste proteine, e permette quindi la loro rilevazione grazie ad un nuovo sistema sviluppato dal Cedar-Sinai Medical Center di Los Angeles e ampliato dalla società NeuorVision Imaging LLC.

In uno studio precedente, svolto in collaborazione con il Cedar-Sinai Medical Center, i ricercatori australiani avevano scoperto che nei pazienti affetti dal morbo di Alzheimer le placche amiloidi sono presenti, oltre che nel cervello, anche nella retina (che è parte del sistema nervoso centrale) e avevano quindi iniziato a lavorare ad un sistema per identificare le proteine attraverso un semplice esame oculare.

I risultati sui 40 volontari hanno dimostrato che la quantità di amiloide nella retina correla in maniera significativa con quella presente nel cervello, e che l’analisi della retina permette di identificare le persone affette dalla malattia in maniera estremamente sensibile e specifica.

“Se ulteriori ricerche dimostreranno che i nostri risultati preliminari sono corretti, l’esame potrebbe potenzialmente essere effettuato come parte del normale check-up oculistico di un individuo”, ha dichiarato Shaun Frost, primo autore dello studio. Altri studi effettuati dallo stesso gruppo di ricerca dimostrano inoltre che la concentrazione di proteine amiloidi nella retina aumenta in media del 3,5 per cento nell’arco di tre mesi e mezzo. Pertanto, suggeriscono i ricercatori, l’esame retinico potrebbe essere utilizzato per monitorare la progressione della malattia e la risposta alla terapia.

Risultati simili a quelli dei ricercatori australiani sono emersi nello studio presentato dal team di Cognoptix. I ricercatori americani, al posto della curcuma hanno utilizzato un unguento fluorescente per rilevare il livello di beta-amiloidi nel cristallino dell’occhio, sfruttando un nuovo sistema chiamato FLES. I risultati della ricerca, condotta su 20 pazienti con Alzheimer e 20 soggetti sani, indicano che l’esame del cristallino consente di discriminare efficacemente i due gruppi di partecipanti, e che il livello di beta-amiloidi nel cristallino è correlato con quello cerebrale.

Fino a ora era possibile rilevare i “mattoni” delle placche amiloidi solo attraverso la tomografia a emissione di positroni (PET), estremamente costosa, o prelevando liquido cerebrospinale dal midollo o dal cervello, analisi invece particolarmente invasiva. I risultati dei due studi fanno quindi sperare che presto diventino disponibili tecniche molto meno impegnative per i pazienti.

Di fronte alla crescita a livello mondiale della malattia di Azheimer, c’è un bisogno urgente di test diagnostici semplici e meno invasivi che identifichino molto precocemente il rischio di Alzheimer”, ha dichiarato Heather Snyder, direttrice del Medical and Scientific Operations dell’ Alzheimer’ Association.

Riferimenti: Alzheimer’s Association International Conference

Credits immagine: Rob/Flickr

Giulia Carosi

Dopo una laurea in Psicologia conseguita alla Sapienza Università di Roma abbandona l’idea di fare la ricercatrice per studiare un po’ di tutto e non tutto su poco. Si iscrive al Master in Comunicazione della Scienza della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati di Trieste per imparare a raccontarlo.

 

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