Dall’americio l’energia per colonizzare Marte

americio
(Foto: Nnl)

Si chiama americio in onore del continente americano: è un elemento chimico raro che non si trova in natura, ma si genera nel processo di decadimento del plutonio di cui sono fatte le scorie delle centrali nucleari. Scoperto nel 1944 da un gruppo di ricerca dell’Università di Chicago grazie al bombardamento del plutonio con neutroni lenti, potrebbe ora consentirci di arrivare su Marte senza rischio di scaricare le pile. 

A lavorare a questa ipotesi sono stati i ricercatori dell’Nnl (Nuclear National Laboratory) e dell’Università di Leicester all’interno di un progetto finanziato dall’Esa (Agenzia Spaziale Europea) e con il contributo dell’UK Space Agency (Agenzia Spaziale del Regno Unito), che hanno usato l’americio per produrre elettricità. Estraendo l’elemento chimico da alcune scorte di plutonio, i ricercatori hanno infatti utilizzato il calore generato dal materiale altamente radioattivo per generare corrente elettrica in grado di illuminare un piccola lampadina all’interno di una speciale area schermata nel Laboratorio centrale del Nnl in Cumbria.

Le batterie spaziali

Ma questo è solo un primo passo. Il prossimo step sarà poi quello di costruire batterie a lunghissima durata (diverse centinaia di anni) per i viaggi spaziali. Anche il problematico stoccaggio delle scorie radioattive si trasformerebbe così in una risorsa per ottenere prodotti poco costosi e dalle ottime prestazioni.

Dagli anni Sessanta molte delle batterie di veicoli spaziali e sonde sono infatti state a base di plutonio. Queste hanno alimentato numerosi satelliti per uso civile e militare, sono entrate negli esperimenti delle missioni Apollo e nei programmi spaziali come Voyager e Ulisse che hanno permesso di approfondire le conoscenze sul Sistema solare.

Queste batterie hanno però vita breve: quelle che forniscono energia alla sonda New Horizons, che ha raggiunto pochi mesi fa Ultima Thule, il corpo cosmico più lontano mai esplorato dall’umanità, si spegneranno intorno al 2026 ponendo definitivamente fine alle missione. Il plutonio ha infatti una emivita di 88 anni, e le batterie prodotte con questo elemento garantiscono completa funzionalità per decine di anni. L’americio ha invece tempo di dimezzamento di 432 anni e consente di costruire batterie capaci di continuare a funzionare per centinaia di anni.

La nuova corsa allo spazio

La corsa allo Spazio che negli anni Sessanta aveva visto solo due concorrenti vede oggi la partecipazione di nazioni e di imprenditori, determinati ad avvantaggiarsi delle nuove tecnologie a disposizione, per avere un ruolo centrale nelle prossime missioni spaziali.

La possibilità di avere sistemi sicuri e affidabili, a bassa manutenzione e lunga vita può essere sfruttata nella costruzione delle basi lunari che serviranno per raggiungere la nuova frontiera Marte, dove le batterie alimenteranno strumenti adatti a funzionare anche quando l’energia solare non può essere utilizzata.

L’americio

L’americio permetterà quindi all’Europa di partecipare alla nuova corsa allo Spazio e di creare strutture industriali altamente qualificate, capaci di mettere a punto le nuove batterie e di svilupparne le potenzialità. Con la loro vita centenaria, le batterie all’americio potranno saziare anche la fame di conoscenza dello Spazio profondo, consentendoci di inviare ai confini del Sistema solare sonde che saranno in grado di trasmettere dati alla Terra per un tempo più lungo di quello mai immaginato fin ora.

Riferimenti: Nnl

Articolo prodotto nell’ambito del Master in Giornalismo e comunicazione istituzionale della scienza dell’Università di Ferrara

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