Categorie: Salute

Aneurisma dell’aorta addominale, il test che avrebbe potuto salvare Einstein

L’aneurisma dell’aorta addominale è una dilatazione e un indebolimento della parete dell’aorta, e solitamente non presenta alcun sintomo fino a quando si rompe, causando la morte di circa l’80% dei pazienti affetti. La rottura di un aneurisma causà la morte anche di Albert Einstein, nel 1955. L’aneurisma rimane ancora oggi una condizione difficile da diagnosticare e spesso viene riconosciuto quando ormai è troppo tardi. E’ per questo che la ricerca si muove anche per cercare di intercettare in anticipo e per tempo questo killer silenzioso, cercando di comprendere meglio anche quanto intervenire. E oggi uno studio pubblicato sulle pagine di Journal of the American Heart Association suggerisce che potrebbe esserci un metodo per farlo, e ridurre così il peso della malattia.

Aneurisma, una condizione imprevedibile

Al momento anche nei casi un cui l’aneurisma viene trovato in anticipo, non è facile prevedere quando si romperà: la sua crescita può infatti avvenire in modo estremamente veloce tra una visita e un’altra. E inoltre la dimensione dell’aneurisma, inoltre, non è sempre correlata alla rapidità della sua rottura. In altre parole l’evoluzione dell’aneurisma appare piuttosto imprevedibile, come spiega Anna Maria Choy della University of Dundee, autrice principale della ricerca: “Al momento, ai pazienti viene offerta un’operazione chirurgica quando l’aneurisma raggiunge una dimensione che fa pensare ai medici che potrebbe rompersi da un momento all’altro. Il problema è che questi aneurismi crescono in modo imprevedibile, e rapidamente tra un test e l’altro. A volte rimangono uguali per un lungo periodo di tempo e poi hanno un’espansione improvvisa, ed altre volte si rompono quando sono ancora relativamente piccoli.”

Un nuovo test del sangue per monitorare l’aneurisma

Trovare un modo per individuare e monitorare questa condizione sarebbe quindi fondamentale, soprattutto per diminuire il grado di incertezza ad essa associato. Il metodo messo a punto dagli scienziati si muove proprio in questa direzione. Si tratta di un test del sangue in grado di individuare la desmosina, un amminoacido che viene rilasciato nel sangue e nelle urine dalle aorte interessate da aneurisma. Secondo i ricercatori potrebbe essere un nuovo, efficiente modo di diagnosticare e monitorare questa patologia.

Durante lo studio, il team ha analizzato i campioni di sangue provenienti da oltre 600 pazienti affetti da aneurismi e ha osservato che la presenza di desmosina poteva confermare la patologia, ma non solo: rendeva anche più facile prevederne complicazioni e possibili esiti. I dati sulla desmosina plasmatica permettevano infatti anche di identificare quali pazienti erano a rischio di una rottura e dovevano quindi essere sottoposti ad un’operazione chirurgica. Un test basato sulla misurazione di questa sostanza è in grado di predire gli outcome di malattia meglio che la sola dimensione dell’aneurisma, hanno spiegato gli esperti.

Perché controllare i livelli di desmosina

La desmosina è un amminoacido derivato dall’elastina, una proteina che fornisce ai vasi sanguigni la loro natura elastica e li rende in grado di espandersi e dilatarsi. Quando si forma un aneurisma, questa proteina viene scomposta nei suoi componenti, tra cui appunto la desmosina, e viene quindi rilasciata nel flusso sanguigno e nell’urina. La quantità di desmosina nel sangue è proporzionale al diametro dell’aorta, e fornisce preziose informazioni ai clinici che possono quindi stimare quanto è avanzata la patologia ed eventualmente formulare una terapia specifica per il paziente.

Riferimenti: Journal of the American Heart Association

Claudia De Luca

Dopo la laurea triennale in Fisica e Astrofisica alla Sapienza capisce che la vita da ricercatrice non fa per lei e decide di frequentare il Master in Giornalismo e Comunicazione della Scienza all'Università di Ferrara, per imparare a conciliare il suo amore per la scienza e la sua passione per la scrittura.

Articoli recenti

I misteriosi dodecaedri romani che nessuno sa a cosa servissero

I piccoli oggetti di bronzo continuano a spuntare nei siti archeologici di mezza Europa. L’ultimo…

15 ore fa

Quel movimento che ci rende umani

Allontanarsi e avvicinarsi, protendersi e ritrarsi, sono aspetti primordiali della relazione tra sé e altro…

2 giorni fa

“Così insegniamo agli studenti il benessere mentale”

Coltivare il benessere psicologico per una delle categorie più stressate d’Italia, gli universitari: il programma…

5 giorni fa

Perché il vaccino anti-Covid di AstraZeneca non verrà più prodotto?

No, non è per via degli effetti collaterali. Si tratta di una decisione aziendale dovuta…

6 giorni fa

Immergersi in un buco nero, grazie a una simulazione

Un viaggio attorno alla porzione di spazio-tempo più buia e misteriosa che conosciamo, fino ad…

1 settimana fa

Una modifica al paradosso di Schrödinger per conciliare quantistica e relatività

Un gruppo di fisici dell’Università di Trieste (e di altri istituti) ha proposto una sorta…

1 settimana fa

Questo sito o gli strumenti di terze parti in esso integrati trattano dati personali (es. dati di navigazione o indirizzi IP) e fanno uso di cookie o altri identificatori necessari per il funzionamento e per il raggiungimento delle finalità descritte nella cookie policy.

Leggi di più