Umberto Guidoni, appunti dallo spazio

Umberto Guidoni astronauta columbia libro

Un insolito diario di bordo. E’ quello che ha scritto Umberto Guidoni, astronauta dell’Asi, l’agenzia spaziale italiana, nei suoi 16 giorni trascorsi sullo “shuttle” Columbia, dal 22 febbraio al 9 marzo del 1996. In quella missione il TSS (Tethered Satellite System), il satellite “al guinzaglio” progettato dall’Asi per esperimenti di elettrodinamica (produzione di energia elettrica) e ricerche sulla ionosfera, andò perduto per la rottura del cavo cui era legato, dopo essersi srotolato senza intoppi per 19,7 chilometri. Un esperimento che, secondo Guidoni, è stato comunque un successo dal punto di vista scientifico.

Il “diario di bordo” dello Shuttle sarà in libreria, pubblicato da Di Renzo editore (55 pagine, 16 mila lire), con il titolo “Il giro del mondo in 80 minuti”. Non si tratta soltanto degli appunti di una missione, di considerazioni fatte nei momenti di relax tra un esperimento e l’altro, né di pensieri evocati dalla straordinaria visione della Terra dagli oblò della navetta. C’è qualcosa in più: fotografie (scattate dallo stesso Guidoni) con ampio commento, la ricostruzione puntuale, nella premessa, delle varie fasi dell’addestramento a terra, delle prove e dei compiti da portare a termine una volta in orbita, e la cronaca degli esperimenti svolti nel corso della missione. E poi ancora, scene di vita quotidiana all’interno della navetta, scritte da un astronauta che prima di partire da Cape Canaveral aveva scelto il modo più semplice per salutare la moglie Mariarita e il figlio Luca prima di entrare nello Shuttle: aveva inalberato davanti alle telecamere un cartello con su scritto “Mariarita e Luca vi amo”.

Di questo libro Galileo regala ai suoi lettori una corposa anticipazione: un estratto del diario di bordo e alcune delle foto commentate dallo stesso astronauta. Appunti di un’esperienza unica, visto che per la prima volta nello spazio c’erano due italiani sulla stessa navicella: assieme a Guidoni, 42 anni, romano, partecipava alla missione anche Maurizio Cheli, 38 anni, modenese di Zocca e astronauta dell’Esa, l’agenzia spaziale europea.

Diario di bordo di Umberto Guidoni

Equipaggio:
Andy Allen (comandante)
Scott Horowitz (pilota)
Jeff Hoffman
Franklin Chang-Diaz
Umberto Guidoni
Maurizio Cheli
Claude Nicollier

Lancio 22/02/96 ore 15:18 ora del Kennedy Space Center (day 1)
Da due ore sono seduto sulla schiena. Sono entrato per primo insieme ad Andy – il comandante – e comincio a sentire i muscoli intorpiditi. La tuta mi impedisce i movimenti, ma, per fortuna, siamo vicini al momento del lancio. Inizia il “check” delle comunicazioni via radio […].

Viene il momento della fatidica frase: “Chiudere il casco e buon viaggio!” e nell’auricolare arriva lo scandire degli ultimi secondi.

Con un ruggito si accendono i motori principali. La struttura geme e si avverte che lo “Shuttle” oscilla leggermente in avanti. Scott – il pilota – quasi urlando, riferisce al centro di controllo che il motore centrale indica soltanto il 40% della potenza. E’ un brivido che dura un attimo, mi preparo mentalmente per il “pad abort” che comporta lo spegnimento dei motori […].

Da terra ci hanno comunicato che l’indicazione sui loro computer è perfetta: tutti e tre i motori sono al 100% di potenza. Mentre comincio a sentire l’accelerazione, scambio uno sguardo con Franklin, seduto accanto a me […].

Eccoci sparati nella stratosfera con l’accelerazione che aumenta fino a 2 g, poi il distacco dei “boosters”, un evento che tutti aspettano col fiato sospeso dopo il disastro del Challanger. Penso alla mia famiglia che starà scrutando il cielo: certamente c’è stata un’ovazione a questo punto.

E’ un momento di tranquillità nella corsa frenetica verso lo spazio. Per un brevissimo lasso di tempo si torna a pesare come sulla Terra: l’accelerazione è 1 g. Ma subito si riprende a tutta forza: 2 g, 2.5, 3…La pressione sul torace comincia a farsi sentire […].

Ci siamo quasi, comincia il conto alla rovescia per lo spegnimento dei motori. La transizione è netta: tutto all’improvviso i motori tacciono, il senso di pesantezza sul petto sparisce e, di colpo, si avverte una inaspettata sensazione di leggerezza. Sono ancora seduto perché le cinture del seggiolino mi trattengono, altrimenti starei galleggiando in aria.

Siamo nello spazio! Sono passati soltanto otto minuti e mezzo da quando eravamo sulla rampa di lancio e ci troviamo a girare attorno alla Terra alla fantastica velocità di 28.000 km all’ora. Ma non è finita ancora. […]

Il comandante ed il pilota si preparano ad accendere i motori orbitali che ci porteranno su un’orbita circolare a 300 chilometri di altezza. Se per qualche ragione questa manovra fallisse dovremo rientrare sulla Terra in gran fretta. Ma tutto va come previsto, adesso siamo davvero in orbita!

La prima esperienza con l’assenza di peso è un tantino sconcertante. […] Arrivo sempre più lontano di quello che vorrei, ormai non conto più le volte che sono finito contro le pareti della cabina […].

Comincio ad avvertire un senso di pesantezza alla testa […]. Per fortuna il “turno rosso” sta per smontare, sono molto stanco e non vedo l’ora di andare a letto.

23/02 (day 2)
Quando mi sveglio sono ancora un po’ sottosopra e non mi sento di mangiare. E’ il momento di cominciare con il TSS, ma le cose non vanno lisce. Comincia a manifestarsi un problema con il computer di bordo che controlla il meccanismo del “deployer” […]. Da terra si decide di sospendere le operazioni per 24 ore […].

24/02 (day 3)
E’ il grande giorno. Finalmente il computer ha preso a funzionare normalmente e si procede con i preparativi. […] Siamo in attesa del “GO!” da Houston per cominciare il rilascio del filo […].Appena fatto, sono anch’io a guardare dal finestrino mentre il satellite comincia lentamente a muoversi verso lo spazio. […]

25/02 (day 4)
Mi alzo presto per sapere come stanno andando le cose. […] Vado sopra, nella cabina di pilotaggio, vedo Claude – astronauta dell’Agenzia Spaziale Europea – con una faccia molto stanca e Franklin – il responsabile del carico scientifico – che non sorride come al solito. Ci sono brutte notizie: il filo si è rotto ed il satellite se n’è andato su un’orbita più alta e non è più visibile dal Columbia. […]

Da Houston ci avvertono di una conferenza stampa convocata in gran fretta […]. Siamo tutti ammassati in uno spazio ristretto e mentre ci passiamo il microfono per rispondere, si sente il ticchettio della telescrivente che comincia a stampare. E’ un messaggio dal centro di controllo, una faccia che sorride e due parole: “Please smile!” […]

26/02 (day 5)
Le operazioni degli esperimenti nella stiva continuano ma ovviamente, non è la stessa cosa, visto che gli esperimenti sul satellite tacciono. […]

27/02 (day 6)
[…] Il contatto è stato ristabilito! Il satellite è ancora funzionante e gli esperimenti vengono riaccesi […]. Sull’onda del successo, si comincia a parlare del recupero del satellite […]. Mentre Andy dovrebbe guidare la navetta nella sua manovra di avvicinamento verso il satellite, i due astronauti stando in piedi nella stiva, dovrebbero afferrare il satellite, tagliare il filo e rimetterlo nel canestro […].

28/02 (day 7)
E’ ufficiale: non se ne fa nulla. […] Per effettuare la manovra richiesta è necessaria una quantità di combustibile tale da lasciare il Columbia senza margini. Inoltre si tratterebbe di prolungare la missione di quasi tre giorni, al limite delle risorse di ossigeno e della potenza elettrica disponibile. […]

29/02 (day 8)
[…] Oggi ho ricevuto un disegno di Luca, mio figlio di 4 anni: sono tanti palloncini colorati, è il suo modo di descrivere quello che è successo al satellite. […]

1/03 (day 9)
Ogni giorno c’è un collegamento, via radio, con il medico che da Houston segue le nostre condizioni di salute. […] Siamo anche informati degli avvenimenti sulla Terra. Oltre alle notizie americane c’è un comunicato dell’Ansa […]. E’ la prima cosa che leggo, appena alzato, prima di riprendere il mio turno di lavoro: oggi si parla del Festival di Sanremo!

2/03 (day 10)
[…] E’ un buon momento per guardare fuori dal finestrino, per fare foto spettacolari ed ammirare lo spettacolo della Terra che scorre sotto di noi.

3/03 (day 11)
Claude sta facendo un po’ di esercizio fisico con una cyclette istallata sul pavimento del “middeck”. […] Mentre aspetto il mio turno scrivo queste note. Non c’è posto sul pavimento, perciò mi sono trovato una posizione abbastanza comoda, con il calcolatore appoggiato al soffitto mentre io sono seduto, lì accanto, a testa in giù. Dal mio punto di vista non c’è alcuna differenza, tutto mi sembra normale, semmai è Claude l’eccentrico, che si ostina a fare la cyclette a testa in giù! […]

Oggi, c’è stata anche l’intervista con Piero Angela per il programma “Quark”. […] Il secondo collegamento con il Ministro della Ricerca Salvini mi pare che sia andato abbastanza bene […].

4/03 (day 12)
Questa mattina, un altro collegamento in diretta con l’Italia. Io e Maurizio astronauta dell’Agenzia Spaziale Europea parliamo con la scuola “Enzo Ferrari” di Maranello. […]

5/03 (day 13)
Teleconferenza con la crew con collegamenti in America ed in Italia. […] La mattinata è passata soprattutto per finire il video sul TSS e per le foto di gruppo. […]

6/03 (day 14)
Giornata tranquilla. Finiamo le foto dell’equipaggiamento e si fa il punto della missione. […] Le previsioni del tempo non sono buone: brutto tempo al Kennedy Space Center […]. Potremmo essere costretti ad atterrare alla base “Edwards” in California o restare in orbita altri due giorni.

7/03 (day 15)
[…] A bordo fervono i preparativi per il “deorbit”, ovvero per il rientro nell’atmosfera.Si rimettono a posto i computer portatili, usati per gli esperimenti, le due telecamere che abbiamo usato per filmare la nostra attività e tutto il materiale non strettamente necessario. Tra poco verranno re-istallati i sedili e sistemati definitivamente i nostri oggetti personali. Il ponte di sotto è uno spettacolo indescrivibile, con i sedili che volano insieme alle tute arancioni ed ai sacchetti con gli effetti personali.

8/03 (day 16)
Il tempo al Kennedy è ancora incerto ma faremo un tentativo. […] Si comincia il processo di ri-idratazione che consiste nell’ingerire quasi due litri di liquidi e alcuni grammi di sali minerali. E’ un protocollo ormai collaudato che serve a minimizzare i problemi di riadattamento alle condizioni di gravità che ci aspettano sulla Terra. Poi bisogna indossare di nuovo le tute arancioni che ci proteggono durante le fasi critiche del rientro […]. Tutto è pronto per l’accensione dei motori prinicipali che devono rallentare la nostra corsa. Generalmente “lo sparo” avviene sull’Indocina, cioè circa un’ora prima dell’atterraggio in Florida. Ma, poco prima del momento decisivo arriva il contrordine. Non se ne fa niente! […] Bisogna ritornare alla configurazione orbitale e togliersi di nuovo le tute e sistemarle alla meglio […].

Abbiamo un problema per dormire, abbiamo solo 4 cuccette e 7 astronauti che, a questo punto, non sono più divisi in due turni, e andiamo a dormire nello stesso periodo. Il lato positivo è che per la prima volta, possiamo cenare tutti insieme: cena messicana con “rortillas y queso”: è un modo per festeggiare la nostra ultima notte nello spazio.

9/03 (day 17)
E’ il giorno del rientro, anche se non sappiamo ancora dove: il primo tentativo sarà fatto per atterrare sulla pista del Kennedy […]. Mi chiedo come starà vivendo questa situazione mia moglie Mariarita […].

Si ripete il copione del giorno prima. Questa volta aspetto un po’ prima di bere il mio “consommé”, mi è bastata l’esperienza di ieri. Invece si fa sul serio e, al primo tentativo abbiamo il via libera da Houston per l’accensione dei razzi di frenata. E’ una sensazione strana, l’accelerazione dei motori è appena 1/5 della gravità terrestre ma, dopo 16 giorni di assenza di peso, sembra già molta. […]

E’ tempo di sedersi e di allacciare le cinture, si torna a casa! Tutto avviene molto rapidamente si comincia a sentire il rumore prodotto dall’attrito contro l’atmosfera, la navetta rallenta ma stiamo andando sempre fortissimo, Scott segnala che abbiamo appena sorvolato Houston, passano dieci minuti e siamo in vista della pista del KSC -in aereo ci vogliono tre ore per percorrere la stessa distanza. Ci siamo, pochi minuti e tocchiamo terra, un atterraggio magnifico! La gravità si fa sentire, mi alzo in piedi mi sembra di pesare una tonnellata. Mi siedo di nuovo, c’è comunque da aspettare un po’ prima che i tecnici aprano il boccaporto, meglio risparmiare le forze: ho la sensazione che camminare non sarà facile su questo pianeta!

[…] In questi 16 giorni ho viaggiato più che in tutta la mia vita: ho percorso più di 10 milioni di chilometri girando intorno alla Terra per 250 volte. Ora non vedo l’ora di abbracciare Mariarita che mi aspetta al Kennedy e di rivedere la famiglia che è rimasta a Houston.

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