Vendere armi ai paesi violatori dei diritti umani o sotto embargo non è poi così difficile. Le industrie possono farlo grazie alle tante scappatoie della legge. Lo denuncia il nuovo rapporto “Armi senza frontiere” della campagna Control Arms, presentato all’apertura della sessione annuale delle Nazioni Unite dedicata ai controlli sulle armi.
Secondo il rapporto, elaborato da Oxfam International, Amnesty International e Iansa (la Rete internazionale d’azione sulle armi leggere), alcune aziende statunitensi, canadesi e europee aggirano i controlli vendendo i singoli componenti delle armi e sfruttando il subappalto della produzione in altri paesi. Così molti armamenti, per esempio elicotteri d’attacco e veicoli da combattimento, possono essere assemblati grazie ai pezzi provenienti dall’estero e prodotti sotto licenza in Cina, Egitto, India, Israele e Turchia, per poi arrivare in paesi come Colombia, Sudan e Uzbekistan dove vengono usati per uccidere e costringere la popolazione civile alla fuga.
Per fare un esempio, l’elicottero Apache usato da Israele nel recente conflitto libanese è composto da più di 6 mila singoli pezzi prodotti in vari paesi del mondo, tra cui Irlanda, Olanda e Regno Unito. “L’industria delle armi è globale, le norme per controllarla no”, ha riferito Jeremy Hobbs, direttore di Oxfam International. “Il risultato è che stiamo armando regimi che violano i diritti umani, fornendo singoli componenti che poi vengono assemblati a casa. È giunto il momento di adottare un Trattato sul commercio delle armi”. (r.p.)
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