AstroSamantha racconta la sua esperienza nello Spazio

Dopo una di quasi 200 giorni nello Spazio, l’astronauta dei record è finalmente a casa. Astrosam è stata infatti la prima italiana nello Spazio, la donna che ad oggi ha trascorso il periodo più lungo lontano dall’atmosfera terrestre, e con le sue foto e i suoi racconti sui social media, si è trasformata con il passare dei mesi in un personaggio pubblico senza precedenti, autentico modello per moltissimi giovani aspiranti astronauti. Tornata a Terra ormai da tre giorni, in una conferenza stampa conclusasi poche ore il fa il Capitano Cristoforetti ha raccontato ai giornalisti alcune delle impressioni che hanno accompagnato il suo rientro, quali ricordi porta con sé dallo Spazio, e i progetti che ha in serbo per lei il futuro.

Per prima cosa, Samantha ha parlato dell’importanza scientifica della missione Futura. I risultati dei tanti esperimenti svolti sulla Stazione Spaziale Internazionale, i cui dati sono ora in mano agli scienziati, si vedranno solo tra qualche tempo, perché come ha ricordato l’astronauta richiedono mesi di lavoro per essere analizzati correttamente. Svolgere ricerche nello spazio, ha ricordato Sam, è fondamentale comuqnue in moltissimi campi, come la scienza dei materiali, perché permette di isolare determinati fenomeno che si vuole studiare, eliminando una variabile onnipresente sulla Terra: la gravità.

Ancor più importante forse è studiare il comportamento delle forme di vita in ambiente spaziale, perché permetterà di prepararci a trascorrere periodi sempre più lunghi lontano dal pianeta (fondamentali ad esempio per raggiungere destinazioni distanti come Marte), ma ha ricadute dirette anche per la salute qui sulla Terra, perché scoprire i meccanismi che controllano questo adattamento (come i geni) aiuta ad approfondire le conoscenze che abbiamo sul funzionamento degli organismi viventi, e in un ultima analisi, a comprendere il funzionamento del corpo a livello delle cellule. Si tratta di esperimenti in cui gli astronauti sono allo stesso tempo sperimentatori e cavie, perché i loro organismi vengono monitorati costantemente nel corso della missione, e gli esami continuano anche a Terra, visto che servono dati pre e post missione.

Altro punto che ha dovuto toccare necessariamente è la fama che ha riscosso negli scorsi mesi grazie alla sua attività sui social media. Un impatto mediatico di cui Sam non era del tutto consapevole prima di tornare a casa. “Me ne sto rendendo conto piano piano”, ha spiegato Sam ai Giornalisti. “Perché dalla Stazione Spaziale anche mandare un tweet è complicato, e quale sia stato il mio impatto a Terra lo sto scoprendo solo adesso. Così come nella scienza anche nella comunicazione è una questione di lavoro di squadra. Io ho cercato di condividere quello che vivevo e vedevo, ma è la punto dall’icebrg, dietro c’è il lavoro di tutto il team di comunicazione dell’Asi e dell’Esa”.

Cosa farà in futuro l’astronauta, ora che è tornata sulla Terra? “Sono appena arrivata e cosa farò non lo so ancora, e non sta del tutto a me deciderlo”, ha spiegato. “Continuerò ovviamente la mi attività di comunicazione nei limiti di quello che si può fare. Quando sei nello spazio d’altronde hai un’avventura incredibile da raccontare, sulla terra meno. Decideremo con l’Agenzia nel limite del ragionevole, ma prima o poi questa attività avrà termine”. Anche perché, come ha ricordato Samantha: “Un astronauta non fa la celebrità di professione”.

Di ricordi importanti Samantha ne ha portati tanti con sé al ritorno dal suo viaggio. Uno su tutti, quello della vita sulla stazione spaziale. “Fluttuare, volare in libertà, è forse la leggerezza mi mancherà di più” ha raccontato. “E inoltre riuscire a dare il tuo contributo, perché per quei sei mesi fai parte della grande avventura degli esseri umani nello spazio, fai parte di un team, vedi i risultati del lavoro”.

A livello di intensità fisica sono però la partenza e il rientro le esperienze più indimenticabili. Il rientro in particolare lo ricorda bene, perché è fresco di pochi giorni. “È un’esperienza davvero eccezionale – ha spiegato – Il viaggio inizia 6 ore prima dell’impatto con il terreno, sei ore trascorse ad aspettare in una posizione scomoda, fetale. Si ha il tempo di pensare, e anche di riposare”. Ore, ricorda oggi, in cui non succede poi molto, e in cui si attendono una serie di eventi che devono accadere, per avere al certezza di tornare in sicurezza.

Il viaggio Sam lo racconta così: “Aspetti i motori che si accendano al momento giusto e per il tempo giusto. Poi c’è la separazione della navetta: abbiamo visto dal finestrino e andava tutto bene, eravamo orientati bene con la terra. Ho visto quindi l’ultima alba, l’ultimo passaggio dalla notte verso la luce. Poi si accendono i motori c’è la separazione della navetta, e di colpo eravamo in una piccola capsula che ci avrebbe riportato a terra. Poi attendi l’atmosfera, il segnale che sei entrato nel momento giusto. La fase in cui attraversi gli strati dell’atmosfera: vedi le fiamme, il plasma, che avvolgono la capsula. Quindi senti l’accelerazione, e anche un g che dopo 6 mesi sembrano tonnellate. Diventi sempre più pesante. E poi ovviamente l’apertura del paracadute. Quando si apre il primo arriva una grande botta, e la capsula gira su se stessa, e sembra di stare dentro una lavatrice impazzita. Poi si apre il secondo, e dopo quello sai che stai arrivando a casa sano e salvo. È stato bello alla fine vedere il Kazakistan vestito di verde che ci aspettava. Infine l’impatto con il terreno, ti metti in posizione, poi ti prepari all’impatto e boom sei a terra”.

Via: Wired.it

Credits immagine: ESA-S. Corvaja

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