L’attività del cervello può continuare anche dopo la morte

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(Foto: Andreas Lischka da Pixabay)

Forse esiste una spiegazione scientifica a quella che fino ad oggi era considerata un’esperienza, o un’allucinazione, riferita da chi si è ritrovato a un passo dalla morte, ma che, fortunatamente, è riuscita a raccontarla: “mi è passata tutta la vita davanti agli occhi”, espressione, appunto, in cui la vita di chi sta per morire scorre in un susseguirsi di ricordi e momenti memorabili. A spiegare oggi questo fenomeno è stato un piccolo studio coordinato dall’Università del Michigan che ha mostrato come, anche dopo che il cuore ha smesso di battere, il cervello di una persona può continuare la sua attività, producendo ricordi. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Pnas.

Il concetto di “morte lucida”

Sebbene la morte sia definita dal punto di vista medico come il momento in cui il cuore smette irreversibilmente di battere, una sempre crescente mole di studi evidenzia che l’attività del cervello in molti animali e anche negli esseri umani possa invece continuare per secondi o, addirittura, ore. Per esempio, uno studio pubblicato nel 2013 e coordinato da Jimo Borjigin, neurologo dell’Università del Michigan, suggeriva che il cervello dei ratti mostrava segni di attività fino a 30 secondi dopo che il cuore aveva smesso di battere.

“Questo concetto binario di vita e morte è antico e obsoleto”, commenta a Science Sam Parnia, pneumologo del Langone Medical Center della la New York University che non è stato coinvolto nello studio. Parnia, come vi abbiamo raccontato, aveva presentato durante la conferenza dell’American Heart Association dello scorso anno uno studio in cui alcuni dei sopravvissuti a un arresto cardiaco avevano raccontato di aver avuto la cosiddetta “morte lucida”, un’esperienza cosciente, in cui chi si trova in uno stato di morte fisica può sentire, pensare, vedere e vivere emozioni in maniera cosciente. Dalla ricerca, inoltre, era emerso che non solo il cervello non cesserebbe di funzionare una volta che il cuore smette di battere e pompare ossigeno agli altri organi, ma anche che la sua attività sarebbe potenziata, a tal punto da dare vita a esperienze irripetibili.

Il nuovo studio

Per far luce su come il cervello si comporti durante la morte, Borjigin e il suo team hanno esaminato nel nuovo studio le cartelle cliniche di quattro pazienti in coma, senza alcuna possibilità di sopravvivenza, sottoposti all’elettroencefalogramma, esame appunto che serve a registrare l’attività elettrica del cervello. In particolare, i ricercatori si sono concentrati su momenti specifici: prima e dopo che i medici hanno rimosso i ventilatori, durante l’ultimo battito cardiaco misurabile e fino a quando tutta l’attività cerebrale era cessata. Pochi secondi dopo che i loro ventilatori erano stati rimossi, raccontano i ricercatori, il cervello di due pazienti ha mostrato un’esplosione di attività neuronale in quelle che vengono chiamate onde gamma, anche dopo che il cuore aveva smesso di battere.

L’attività del cervello

Modelli di attività cerebrale simili, ricordiamo, si osservano normalmente quando una persona in stato di veglia richiama attivamente un ricordo, impara o sogna. “Le onde gamma possono segnalare che diverse regioni del cervello stanno lavorando insieme per combinare sensazioni coscienti”, spiega a Science Ajmal Zemmar, neurochirurgo dell’Università di Louisville. “Il modo in cui il cervello fa questo è uno dei più grandi misteri delle neuroscienze, ma vedere le stesse onde gamma nelle persone che stanno morendo suggerisce un meccanismo biologico per il cervello che riproduce eventi memorabili in quei momenti finali”.

Dalle analisi, inoltre, i ricercatori hanno osservato un aumento dell’attività elettrica in una regione del cervello chiamata giunzione temporoparietale, che si ritiene sia coinvolta nella coscienza e si attivi durante i sogni, le convulsioni e le allucinazioni. Questa esplosione dell’attività cerebrale, ipotizza il team, potrebbe far parte di una modalità di sopravvivenza in cui il cervello entra una volta privato dell’ossigeno. È come se il cervello “chiudesse la porta al mondo esterno per occuparsi dei problemi interni”, commenta Borjigin. Continuare a cercare risposte su come avviene questo processo è fondamentale, conclude Zemmar, perché “la morte è ancora un mistero, non sappiamo davvero cosa sia”.

Via: Wired.it

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Credits immagine: Andreas Lischka da Pixabay