Da tempo l’Oms ha lanciato l’allarme sull’incremento del fenomeno dell’antibiotico-resistenza, che di questo passo potrebbe causare entro il 2050 la morte di 10 milioni di persone all’anno anche per comuni infezioni. Principale responsabile per gli esperti è la prescrizione smodata e sconsiderata degli antibiotici che sta selezionando i ceppi batterici resistenti. Tuttavia secondo il team di Jianhua Guo dell’Università del Qeensland (Australia) anche altri farmaci contribuiscono al problema e tra questi ci sarebbe la fluoxetina, uno dei principali antidepressivi. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Enviroment International.
Forti di un precedente studio che aveva dimostrato come il triclosan – un ingrediente comune nei dentifrici e nei detergenti per le mani – fosse in grado di indurre direttamente la resistenza agli antibiotici, i ricercatori australiani hanno voluto verificare se anche altre molecole non antibiotiche avessero lo stesso effetto e hanno trovato un riscontro nella fluoxetina, il principio attivo di antidepressivi come il Prozac.
Coltivando batteri Escherichia coli in terreni a concentrazioni diverse di fluoxetina, il tasso di mutazione dei microrganismi per stress ossidativo aumentava in modo proporzionale alla quantità di farmaco a cui erano stati esposti, e la resistenza ad antibiotici come cloramfenicolo, amoxicillina e tetraciclina era significativamente più alta dei valori di controllo. Per Guo questo costituisce una prova del fatto che un farmaco non antibiotico quale è la fluoxetina è in grado di indurre l’antibiotico-resistenza, anche se ulteriori verifiche sono dovute: per ora si parla infatti di evidenze di laboratorio e non si sa quale effetto possa avere la fluoxetina assunta durante la terapia sul microbiota all’interno di un corpo.
In ogni caso il team ritiene che il fenomeno sia complessivamente degno di nota analizzando globalmente il problema dell’antibiotico-resistenza e volendo attuare appropriate strategie per contrastare il fenomeno. La fluoxetina, infatti, è una molecola molto persistente nell’ambiente, dove si accumula per via del fatto che fino all’11% del principio attivo in una dose di farmaco viene espulso con l’urina dall’organismo senza essere metabolizzato. Questa caratteristica unita al largo impiego che ne viene fatto dovrebbero renderla, insomma, un osservato speciale.
Riferimenti: Enviroment International
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