Categorie: Ambiente

L’insetticida italiano contro le malattie trasmesse dalle zanzare

È un cosiddetto batterio simbionte: vive nell’apparato digestivo delle zanzare e le aiuta nella vita quotidiana. Ma se viene alterato geneticamente in modo opportuno rilascia una molecola che è in grado di interferire con la loro capacità di deporre le uova e allo stesso tempo di pungere, riducendo entrambe. Il batterio si trasforma così in un potente insetticida biologico da sfruttare per contrastare la diffusione delle malattie trasmesse da questi insetti come malaria, dengue e Zika.

La scoperta è merito di una startup italiana: Biovecblok, spin-off dell’Università di Camerino incubato dal JCube Incubator, di cui fanno parte Claudia Damiani, Aurelio Serrao e Matteo Valzano. “L’elemento innovativo – fa sapere il trio – sta nel fatto che per la prima volta la zanzara diventa lo strumento di diffusione del biocida”. Il prodotto ideato si chiama Atlas e si è appena aggiudicato il terzo posto nella Global social venture competition: una competizione per le giovanissime imprese dal forte impatto sociale che si è tenuta nell’Università della California, a Berkeley, e a cui ogni anno partecipano oltre 500 progetti provenienti da 50 paesi del mondo. È la prima volta che un team tricolore sale sul podio, mettendo in cassetto un premio da 10mila euro e l’interesse dell’Intellectual Venture di Seattle, incubatore di startup legato alla fondazione Bill & Melinda Gates. E pensare che dopo il terremoto che ha colpito il centro Italia lo scorso ottobre, volevano mollare tutto.

“Le strutture sono rimaste chiuse quasi due settimane per accertamenti – ci racconta Aurelio Serrao, co-fondatore di Biovecblok – Non siamo potuti entrare in laboratorio e sono morte tutte le zanzare affette dal batterio così come i batteri che mantenevamo nei frigoriferi”. In fumo sono andati quasi due anni di ricerca. “Più volte, in questi mesi, abbiamo pensato di dire basta”. Invece, il successo ottenuto oltreoceano ha risollevato un po’ le finanze della squadra e, soprattutto, ha riacceso la voglia di fare.

“L’obiettivo immediato è assicurarci che la tecnologia funzioni, poi avremo bisogno di un’azienda che sia capace di produrla”, prosegue Serrao. “Il nostro sogno è combattere le zanzare che diffondono le malattie, riducendo al minimo l’impatto ambientale”. Un problema non di poco conto dato che annualmente le zanzare infettano oltre 600 milioni di persone uccidendone circa 1,2 milioni. Solo nel 2016 sono stati diagnosticati oltre 10mila casi di microcefalia, una malformazione congenita del cervello causata dal virus Zika, trasmesso da questi insetti. Certo, è necessario condurre ulteriori studi per assicurarsi che il prodotto non abbia impatti indesiderati sull’ecosistema. Ma Serrao è fiducioso: “Non vogliamo eliminare le zanzare, ma far sì che cambino le loro abitudini. E, per esempio, si allontanino dai centri abitati”.

Il gruppo sta lavorando anche a un altro progetto: terminare una struttura dove i ricercatori potranno testare idee e prodotti come se fossero nell’ambiente reale e non in piccoli laboratori. “Vogliamo restituire qualcosa all’università ma anche alla comunità terremotata  – conclude Serrao -. Allestire un centro del genere vuol dire attirare ricercatori da tutto il mondo, quindi portare soldi, lavoro e ragazzi che escono dall’università e sono interessati a una carriera nel settore delle biotecnologie”.

Riferimenti: Università degli Studi di Camerino

Rosita Rijtano

Giornalista. Dal 2013 collabora con Repubblica, dove scrive soprattutto di tecnologia e scienza, e co-cura un blog sul cyberbullismo. Esaurita dal lavoro da remoto, ha chiesto asilo politico alla redazione di Galileo.

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