Le basi neurali della “serendipità”

    Spesso scoperte e osservazioni acute arrivano in modo del tutto accidentale, mentre si cerca qualcosa di completamente diverso. Si tratta di un fenomeno chiamato in inglese serendipity, e tradotto a volte con “serendipità”, che potrebbe avere precise basi neurofisiologiche. A suggerirlo è uno studio pubblicato sulla rivista Cortex.

    Attraverso lo studio dei potenziali elettrici cerebrali, un gruppo di ricercatori della Sapienza coordinato da Fabrizio Doricchi, docente di Neuropsicologia, in collaborazione con la Fondazione Santa Lucia di Roma, ha dimostrato infatti come la capacità di elaborare coscientemente gli stimoli visivi sia significativamente incrementata quando l’osservazione attiva del mondo esterno non è guidata da aspettative probabilistiche e temporali rigidamente definite. Il cervello produce tale potenziamento del livello di coscienza amplificando e prolungando, nella corteccia visiva secondaria, la durata delle fasi di immagazzinamento e di elaborazione delle tracce sensoriali visive che precedono l’elaborazione cosciente.

    “La serendipità sembra quindi prodursi quando l’attenzione di un osservatore attivo non è strettamente focalizzata su ciò che, in base all’esperienza di eventi passati coscientemente percepiti, ci si aspetta di osservare in futuro”, spiega Doricchi.

    Questi risultati forniscono la prima descrizione dei meccanismi neurali e cognitivi che sono alla origine delle scoperte di tipo “serendipico”.

    Riferimenti: The “serendipitous brain”: Low expectancy and timing uncertainty of conscious events improve awareness of unconscious ones (evidence from the Attentional Blink); Lasaponara S, Dragone A, Lecce F, Di Russo F and Doricchi F. (2015); Cortex doi:10.1016/j.cortex.2015.05.029

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