Scoperto l’ultimo ittiosauro terrestre

    Finita di conquistare la terra ferma, i dinosauri tornarono a colonizzare le acque, dando vita ad una grande varietà di specie di rettili marini, di cui oggi sopravvivono ancora coccodrilli e tartarughe. Uno studio realizzato dalla Peking University, dall’Università della California e dall’Università degli Studi di Milano, ha analizzato un fossile che potrebbe rappresentare l’anello mancante tra i rettili terrestri e quelli marini. Secondo i ricercatori il Cartorhynchus lenticarpus presentato sulle pagine di Nature è stato probabilmente l’ultimo appartenete al gruppo degli ittiosauri ad aver abitato sulla terra, una scoperta che attesta il passaggio relativamente breve per i tempi geologici dalla terra all’acqua dei rettili marini.

    “Che i rettili marini siano derivati da forme terrestri era già assodato – spiega Andrea Tintori, ricercatore dell’Università di Milano che ha partecipato allo studio del fossile – gli ittiosauri furono i primi rettili a ritornare ad una vita del tutto acquatica dopo la definitiva conquista della terraferma durante il Carbonifero. Mancavano tuttavia le prove paleontologiche di questo passaggio, che il record paleontologico ci dice essere avvenuto molto rapidamente (relativamente ai tempi geologici): in non più di un milione di anni.”

    Alcune caratteristiche del nuovo fossile, al quale è stato dato il nome di Cartorhynchus lenticarpus, fanno ritenere che avesse un modo di vita anfibio, mentre tutti i successivi ittiosauri non erano in grado di ritornare sulla terraferma, e può essere quindi considerato la prova del passaggio cruciale dalla terra all’acqua. La rapidità del passaggio stesso si deduce dal fatto che il fossile è stato rinvenuto assieme ai primi ittiotterigi (gli ittiosauri più primitivi) con modo di vita strettamente acquatico.

    Cartorhynchus, lungo solo 40 cm, era molto piccolo anche rispetto a Chaohusaurus, il più primitivo ittiotterigio, di cui si rinvengono un gran numero di esemplari anche negli stessi strati e che mediamente misura circa 1 m. Il nome generico, Cartorhynchus, deriva dal fatto che il muso è molto corto. Un muso corto è tipico di forme terrestri, mentre la maggior parte dei rettili marini presenta un muso allungato e quindi una grande bocca, per favorire la cattura delle prede durante il nuoto. Cartorhynchus invece, ha la bocca piccola e non ha denti.

    L’osso ioide molto sviluppato indica che era in grado di ampliare notevolmente la cavità orale e generare un notevole risucchio per aspirare piccole prede. Il nome specifico, C. lenticarpus, deriva invece dalla flessibilità del polso: estese aree cartilaginee permettevano alla zampa di flettersi cosicché l’animale era in grado di spostarsi sulla terraferma, un po’ come le attuali foche.

    Gli ittiosauri successivi hanno arti più rigidi nel loro insieme, adatti a funzionare come timoni per nuotare con precisione e velocità. Ne deriva che Cartorhynchus non doveva essere un nuotatore di grande abilità, soprattutto rispetto agli ittiosauri più evoluti. Probabilmente rimaneva in acque basse dove poteva nutrirsi di invertebrati che vivevano sul fondale e che venivano letteralmente aspirati.

    Questa nuova scoperta si associa a quella presentata alcuni mesi fa dallo stesso gruppo di ricerca, che consisteva nel più antico parto fossile di un tetrapode: una femmina di Chaohusaurus morì dando alla luce i suoi piccoli e si è conservata con un piccolo ancora all’interno e uno incastrato nelle pelvi. La particolarità del ritrovamento che lo rende ancora più interessante è l’orientazione del piccolo. Essa infatti ricalca ciò che avviene sulla terraferma, dove i neonati escono prima con la testa.

    Al contrario, ittiosauri più evoluti e cetacei anche attuali, danno alla luce i loro piccoli in acqua facendo sì che esca prima la coda, onde evitare il loro annegamento. Questo ci porta a pensare che gli antenati terrestri degli ittiosauri fossero già vivipari, come ancora oggi è relativamente comune nelle lucertole e nei serpenti.

    L’ipotesi di un rapido passaggio dalla terraferma ad una vita strettamente marina è quindi confermata da questi fossili eccezionali di rettili che, pur convivendo verso la fine del Triassico inferiore, circa 248 milioni di anni fa, rappresentano stadi diversi dell’adattamento ad una vita esclusivamente acquatica.

    Riferimenti: A basal ichthyosauriform with a short snout from the Lower Triassic of China; Ryosuke Motani, Da-Yong Jiang, Guan-Bao Chen, Andrea Tintori, Olivier Rieppel, Cheng Ji & Jian-Dong Huang; Nature doi:10.1038/nature13866 

    Credits immagine: Ryosuke Motani/UC Davis

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