Boati del Fadalto: occhi puntati sull’acqua

Sono iniziati alla fine del 2010: rumori improvvisi, anomali, di diversa intensità, che sembrano pervenire dalle viscere delle Terra. Soprannominati “boati”, questi rumori interessano la Val Lapisina, nella Sella Fadalto, una zona tra i comuni di Vittorio Veneto (TV) e Farra d’Alpago (BL), dove da mesi spaventano la popolazione, preoccupata dall’arrivo di frane o terremoti. E l’allarme non accenna ad attenuarsi: l’ultimo boato è stato sentito lo scorso 25 febbraio. Alle segnalazioni è seguita l’istallazione di stazioni sismometriche mobili, per scoprire se questi boati fossero collegati a vibrazioni del terreno. Ci ha pensato il personale dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (OGS). Galileo ha chiesto a Paolo Comelli, direttore del Centro di Ricerche Sismologiche dell’Istituto, di spiegare quali siano le possibili origini di questi fenomeni e se ci siano i rischi per la popolazione. 

Dottor Comelli, può spiegarci che caratteristiche hanno questi eventi? 

“Si tratta di fenomeni acustici descritti dalla popolazione, che li percepisce come “botti” o “boati”. Sono cominciati alla fine del 2010, e poi sono aumentati per intensità e numero nel gennaio 2011, quando in soli quattordici giorni sono stati avvertiti 43 eventi. Se percepiti in aree aperte, i suoni sembrano avere più direzioni di provenienza, perché subiscono le riflessioni delle pareti che formano la valle; se uditi in luoghi chiusi, invece, sembrano arrivare dal sottosuolo. Dalle prime segnalazioni avevamo sospettato una periodicità nel fenomeno, ma era dovuta solo al fatto che le persone percepiscono i boati meglio di sera, quando sono nelle loro abitazioni e vi è un minor rumore ambientale. La registrazione strumentale ha invece mostrato una distribuzione uniforme nel corso delle 24 ore. Non si tratta della prima volta che vengono riportati fenomeni del genere: boati e “brontolii” in montagna sono segnalati in varie zone in Italia e nel mondo, e si trovano riferimenti anche nella letteratura scientifica e storica. Ovviamente, le cause possono essere diverse”.

Che cosa sta facendo il Centro di Ricerche Sismologiche per capire l’origine e il significato dei boati? 

“Il Centro gestisce la rete sismometrica e il sistema di allarme sismico per conto della Regione Veneto e, nel complesso, le analisi che abbiamo effettuato non hanno evidenziato significativi incrementi di sismicità nell’area. Inoltre, quando sono cominciati i fenomeni, era difficile riscontrare segnali riconducibili agli eventi segnalati nelle registrazioni sismometriche, visto che le stazioni della rete fissa più vicine distano una decina di chilometri. Per questo il 26 gennaio, in accordo con la Protezione Civile del Veneto, abbiamo avviato una campagna di misure sismometriche nell’area, mediante l’installazione di una piccola rete di stazioni di registrazione portatili. Al momento ve ne sono sette. Questo per una serie di motivi: verificare la corrispondenza tra le segnalazioni della popolazioni ed eventuali vibrazioni del terreno, definire gli eventi sulla base delle caratteristiche temporali e spettrali dei sismogrammi, localizzare la sorgente delle emissioni sismiche e acustiche, fornire elementi per la spiegazione scientifica del fenomeno e predisporre strumenti, possibilmente automatici, per seguire l’evoluzione del fenomeno in tempo reale, a supporto di eventuali azioni di protezione civile”.

Cosa avete scoperto con questa rete sismometrica mobile?

“In primo luogo una precisa corrispondenza fra i fenomeni acustici e le vibrazioni registrate nel terreno. E abbiamo trovato che il Lago Morto è l’epicentro delle vibrazioni registrate. La profondità è stata stimata a meno di un chilometro, e le caratteristiche degli episodi sono riconducibili a diverse famiglie di vibrazioni, ciascuna composta da eventi simili fra loro. L’analisi mostra che questi sono diversi per caratteristiche di tempo e frequenza dalle tipiche registrazioni della sismicità di origine tettonica. Questo fatto ha permesso di realizzare un sistema di primo riconoscimento automatico, collegato a un secondo sistema di allerta via SMS, che nell’ultimo mese ha segnalato una media di 10 eventi al giorno. Recentemente il CESI, per conto dell’Enel, gestore dell’impianto di produzione dell’energia idroelettrica presente in zona, ha installato ulteriori cinque stazioni di registrazione complementari alle nostre: l’analisi congiunta dei dati fornirà ulteriori indicazioni”. 

Qual è l’ipotesi più accreditata per spiegare questi fenomeni?

“L’ipotesi più probabile, allo stato attuale, rimane quella di un fenomeno indotto dallo scorrimento di fluidi sotterranei, come l’acqua, tenendo conto del carsismo della zona e dell’abbondanza delle piogge di questo inverno, come gli alluvioni in Veneto di novembre. L’acqua può operare in molti modi: dilavare il corpo di frana, modificare la morfologia con crolli, produrre gorgoglii o effetti acustici per presenza di sifoni naturali o, nei casi di alta pressione, determinare anche fratture nella roccia. Ma, considerando la sismicità della regione (terremoti del 1873 e del 1936, ndr.), sono al vaglio anche altre ipotesi”. 

Quali possibili rischi ci sono per la popolazione?

“Oltre a quello sismico, c’è quello delle frane. Le case interessate dai boati sorgono proprio sul corpo di frana che, in epoca tardo glaciale, ha ostruito la valle che prima rappresentava l’antico corso del Piave, formando il lago di S. Croce. Dai sopralluoghi effettuati non risultano tracce di distacchi recenti collegabili al fenomeno dei boati, ma la situazione viene monitorata di continuo. Considerando che il fenomeno dei boati può essere inserito in un contesto più ampio, sono in discussione ulteriori iniziative per conoscere il rischio sismico della fascia pedemontana orientale veneta, dove si trova l’abitato di Fadalto”.

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