Buchi neri ai raggi X

Lo strumento delle meraviglie si chiama Micro-pattern gas chamber. E’ un rivelatore in grado di misurare la polarizzazione dei raggi X e promette di rivoluzionare un intero ramo dell’astronomia, svelando alcuni dei misteri che avvolgono stelle di neutroni e buchi neri. Il nome anglosassone e il fatto che le sue caratteristiche siano descritte sull’ultimo numero della rivista inglese Nature, non traggano in inganno: la sua realizzazione è frutto di una ricerca tutta italiana, resa possibile dalla feconda collaborazione fra studiosi dell’infinitamente piccolo e dell’infinitamente grande.

Buchi neri e stelle di neutroni sono fra gli oggetti più affascinanti dello spazio profondo. I loro campi gravitazionali sono così intensi da curvare i raggi di luce e polarizzare le onde luminose, costringendole a oscillare lungo direzioni precise. Riuscire a misurare l’angolo di polarizzazione dei raggi X emessi da queste sorgenti equivarrebbe dunque a fare una “radiografia” delle loro strutture interne e consentirebbe di analizzare il comportamento della materia in presenza di campi magnetici e gravitazionali estremi. Finora, tutto questo è stato impedito dalla scarsa sensibilità degli strumenti a disposizione degli astrofisici.

Il nuovo dispositivo messo a punto nei laboratori della sezione di Pisa dell’Istituto nazionale di fisica nucleare, sotto la guida di Ronaldo Bellazzini, rende finalmente possibile la polarimetria a raggi X, aprendo di fatto la strada all’astronomia dei cosiddetti sistemi atipici. Questo risultato è stato raggiunto adattando alle esigenze dell’astronomia una tecnologia tipica della fisica delle particelle, basata sull’effetto fotoelettrico. “Grazie a questa intuizione”, spiega Bellazzini, “il nostro dispositivo ha raggiunto una sensibilità 100 volte superiore a quella degli strumenti che lo hanno preceduto e, per la prima volta, siamo in grado di misurare l’angolo di polarizzazione di ogni singolo fotone catturato”.

Enrico Costa, in forze all’Istituto di astrofisica spaziale del Cnr e coordinatore del progetto, non nasconde la sua soddisfazione. “Le tecniche tradizionali hanno permesso di applicare la polarimetria a una sola sorgente, la nebulosa del Granchio. Ora siamo in grado di estendere le osservazioni a centinaia di sorgenti. Non uno spiraglio, dunque, ma una grande finestra si è spalancata sulla polarimetria dei raggi X, da sempre considerata di primaria importanza per comprendere alcuni degli oggetti celesti più affascinanti e misteriosi. Sarà possibile osservare in modo diretto la rotazione del campo magnetico nelle pulsar binarie, o svelare la presenza di buchi neri all’interno di sorgenti luminose molto compatte. Per la prima volta, potremo avere informazioni dirette sulla massa e sul momento angolare dei buchi neri”.

Il prototipo, frutto di cinque anni di ricerche, ha dimostrato di funzionare alla perfezione e presto sarà possibile realizzare una versione “space qualified”, cioè adatta al volo spaziale. Dovrà essere in grado di sostenere temperature estreme, avere un sistema di lettura completamente automatico e garantire un’affidabilità di lunga durata. Per effettuare le misure, infatti, il dispositivo dovrà essere montato nel fuoco di un potente telescopio satellitare in orbita intorno alla Terra. A quando allora il primo volo? Costa è ottimista: “C’è molto interesse intorno a questa tecnologia e sono certo che presto si troveranno i finanziamenti per allestire una missione spaziale”.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here