Come fare una buona impressione con un “ciao”? È tutta questione di intonazione

Salutare qualcuno in modo impeccabile e fare una buona impressione non è affatto semplice. Anzi. È tutta questione di intonazione. E ora, i ricercatori dell’Università di Marsiglia hanno raccontato sulle pagine di Pnas di aver trovato un metodo sperimentale in grado di svelare la rappresentazione mentale con cui caratterizziamo una voce sincera, ovvero il codice che usiamo per giudicare le persone quando pronunciano una parola, come appunto un “ciao”. Questo metodo, già utilizzato dagli stessi ricercatori per scopi clinici, per esempio nei pazienti colpiti da ictus, apre così molte nuove porte per lo studio della percezione del linguaggio.

I giudizi linguistici e sociali che diamo quando ascoltiamo qualcuno che parla sono basati per lo più sull’intonazione. E, allo stesso modo di come abbiamo un’immagine mentale sull’aspetto di una mela (rotonda, verde o rossa), abbiamo anche rappresentazioni mentali delle personalità degli altri in base alle qualità acustiche delle loro voci.

Per capirlo, il team di ricercatori ha messo a punto un software, chiamato Cleese, per la manipolazione vocale: può registrare una singola parola e generare migliaia di altre intonazioni diverse che sono tutte realistiche, ma ognuna unica nella propria melodia. Analizzando le risposte dei partecipanti durante l’ascolto di queste diverse pronunce, i ricercatori sono stati in grado di determinare quale intonazione di un “ciao” sembra essere più sincera.

Caratteristiche dell’intonazione che sono risultati uguali indipendentemente sia dal sesso dell’ascoltatore sia da quello della persona che viene giudicata. In altre parole, il team è stato in grado di visualizzare il “codice” utilizzato da tutti i partecipanti per giudicare gli altri in base al suono delle loro voci. Qualche esempio? Per sembrare risoluto e sincero un francese dovrà pronunciare “bonjour” (ciao in francese) mettendo l’accento sulla seconda sillaba: per ispirare fiducia, il tono deve alzarsi rapidamente alla fine della parola.

Questo nuovo metodo potrebbe essere usato per rispondere a molte altre domande nel campo della percezione del linguaggio o per capire come le emozioni vengono rappresentate nelle persone affette da schizofrenia o da disturbi dello spettro autistico e renderlo, in futuro, uno vero e proprio strumento per la riabilitazione dei pazienti.

Riferimenti: Pnas

Marta Musso

Laureata in Scienze Naturali alla Sapienza di Roma con una tesi in biologia marina, ha sempre avuto il pallino della scrittura. Curiosa e armata del suo bagaglio di conoscenze, si è lanciata nel mondo del giornalismo e della divulgazione scientifica. “In fin dei conti giocare con le parole è un po' come giocare con gli elementi chimici”.

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