Quasi per caso, lo scorso gennaio, è stata scoperta una supernova (SN2008D) in una galassia a circa 100 milioni di anni luce dalla Terra. Quasi, perché quella zona era già sotto osservazione, poche settimane prima infatti si era vista esplodere un’altra stella. Sulle prime la supernova sembrava rientrare in parametri normali, ma a un esame più attento le cose sono apparse più complicate. Più di quaranta ricercatori di diversi paesi, guidati da Paolo Mazzali, dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) – Osservatorio astronomico di Padova e del Max Planck Institut (Germania), infatti, sono convinti che si tratti di una deflagrazione molto particolare e hanno pubblicato i risultati del loro studio su Sciencexpress, versione on line della rivista Science. La SN2008D, secondo gli autori, sarebbe tra le più deboli esplosioni stellari capaci di produrre getti di plasma a velocità quasi luce (getti relativistici), rilevati grazie alle missioni elettromagnetiche ad alta energia. Un oggetto che si inserirebbe tra le normali supernove e le ancora più potenti ipernove e renderebbe necessaria una nuova classificazione per questo tipo di fenomeni. Lo studio si è basato su osservazioni compiute con il Very large telescope dello European Southern Observatory (Eso).
Le supernove sono esplosioni molto luminose, durante le quali viene liberata una quantità di energia superiore a quella consumata dal Sole durante tutta la sua vita. Dopo questo cataclismatico evento, in alcuni casi, quando la superficie più esterna dell’astro collassa sul nucleo interno, la stella può lanciare un ultimo grido sotto forma di lampi ad alta energia (più o meno forti, come, rispettivamente, raggi gamma e X) e formare un buco nero. “I getti relativistici alla base delle emissioni”, spiega Mazzali, “sarebbero causati dall’interazione tra il buco nero e la materia stellare rimasta”. Questo sarebbe quanto successo alla supernova osservata all’inizio dell’anno, che ha emesso dei deboli raggi X.
Inizialmente, dato il comportamento della stella e la sua assenza di idrogeno, la supernova era stata classificata come una energetica ipernova (un’esplosione di tipo Ic a bande larghe), unica ad aver generato in passato radiazioni di questo tipo, anche se più potenti (raggi gamma). Ma le sue caratteristiche, a pochi giorni dall’evento, sono cambiate. Tra queste variazioni, grazie a rilevazioni spettrografiche, i ricercatori hanno notato la comparsa di un elemento, l’elio, prima assente – di solito non si registra finché non è abbastanza eccitato. Ma solo le supernove di tipo Ib, meno potenti, hanno questo elemento nel proprio spettro. “L’energia liberata nello scoppio”, afferma il ricercatore, “sarebbe di 10 volte superiore a quella di una normale supernova, anche se inferiore a quella di una ipernova”. Una situazione particolare, quindi: nessuna categoria sembrava essere adatta per questa esplosione.
“La nostra ipotesi è che la supernova in questione non sia contemplata nella classificazione attuale” dice Mazzali, “ma possiamo ipotizzare cosa sia accaduto al suo interno”. Secondo gli autori, infatti, in tutte le stelle che collassano e formano un buco nero sarebbe presente un’attività che causa getti relativistici. “Ma solo nel caso in cui gli strati esterni della stella siano già stati espulsi, questi getti sarebbero rilevati a causa di potenti emissioni gamma”, dice Mazzali. “Lo strato di elio ostacolerebbe i getti”, continua l’astrofisico, “e il risultato sarebbero i deboli raggi X registrati dalla SN2008D”.
“Spiegando le anomalie registrate”, conclude Mazzali, “i risultati dello studio rendono necessario un aggiornamento della classificazione delle supernove, in base a un principio secondo cui esiste un continuum tra le varie categorie”. La SN2008D, la più debole supernova capace di emettere raggi ad alta energia, infatti, si inserirebbe proprio tra una normale esplosione stellare e un’energetica ipernova.