Cancro: l’Efsa assolve il glifosato

“È improbabile che il glifosato sia genotossico o che rappresenti una minaccia di cancro per l’essere umano”. Così l’European Food Safety Authority (Efsa) si è espressa sulla sostanza attiva utilizzata negli erbicidi più diffusi al mondo, smentendo il parere dell’International Agency for Research on Cancer (Iarc) che lo scorso marzo per conto dell’Oms aveva classificato il glisofato come “potenzialmente cancerogeno per l’uomo” (vedi Galileo: “L’erbicida glifosato è probabilmente cancerogeno”). 

Il documento approvato alla quasi unanimità dagli esperti degli Stati membri (tutti a favore tranne uno) lo scorso 30 ottobre e pubblicato su EFSA Journal afferma che né i dati epidemiologici (cioè sull’essere umano) né le prove da studi su animali abbiano dimostrato nessi causali tra esposizione al glifosato e insorgenza di cancro nell’uomo, ergo, l’autorità non propone di classificare il glifosato come cancerogeno. Su queste basi la Commissione europea deciderà se mantenere o meno il glifosato nell’elenco UE delle sostanze attive approvate, e gli Stati membri utilizzeranno per valutare ex novo la sicurezza dei prodotti fitosanitari contenenti glifosato impiegati sui propri territori.

Ma perché opinioni opposte tra due fonti così autorevoli? In effetti, lo Iarc ha esaminato sia il glifosato, sia altri composti a base di glifosato, raggruppandoli tutti insieme, senza tener conto della loro composizione, considerando alcuni erbicidi in vendita dove il glifosato è uno dei tanti principi attivi. La valutazione dell’Efsa, invece, ha considerato il solo principio attivo. “È probabile che gli effetti genotossici osservati in alcuni composti a base di glifosato siano collegati ad altri componenti”, spiegano gli esperti Efsa. Vale a dire: i diserbanti presi in esame dall’Oms forse sono davvero cancerogeni ma la colpa non è del glifosato.

Tuttavia, l’Efsa non pensa che il glifosato sia una sostanza sicura. Oltre certe soglie, si legge nel rapporto, il glifosato è tossico, cioè nel momento in cui il principio attivo entra nei cibi. L’Efsa indica la quantità massima che può essere consentita negli alimenti escludendo rischi per la salute, o meglio una Dar, una dose acuta di riferimento. “Abbiamo più di 100 nuovi studi che non erano precedentemente disponibili per il glifosato. Diciamo che c’è ora un’attenzione maggiore per la quantità di sostanza che viene assunta”, ha spiegato Jose Tarazona, a capo dell’EFSA’s Pesticides Unit, “sulla base di prove e studi diversi, noi e lo Iarc siamo giunti a una conclusione diversa”.

L’Efsa è stato infatti accusato di aver fatto riferimento a studi non pubblicati, e di essere stato influenzato e finanziato dall’industria produttrice dell’erbicida, la Monsanto. “Non riesco a capire come l’Efsa sia giunta alle sue conclusioni: il rapporto è poco chiaro”, ha dichiarato a Nature Andreas Kortenkamp, un tossicologo della Brunel University di Londra, mentre nel rapporto dell’Iarc si capisce da dove provengono gli studi e come li hanno valutati”. Per esempio, nel rapporto dell’EFSA – l’affermazione “nessuna classificazione per mutagenicità è giustificata” viene fatta risalire a una chiamata in teleconferenza, ma non viene ulteriormente spiegata. Di contro, Tarazona respinge le critiche definendo il rapporto “molto trasparente”: Abbiamo criteri precisi e definiti degli schemi di classificazione. Il rigore scientifico è l’elemento chiave per l’Efsa”.

Una spiegazione dei principali esiti delle Conclusioni sul glifosato è disponibile sul sito dell’Efsa come sintesi per i non addetti ai lavori. L’Efsa ha prodotto anche uno speciale documento supplementare che illustra alcune delle questioni scientifiche emerse nel corso della revisione paritetica.

Riferimenti: EFSA Journal

Credits immagine: Matthias Ripp

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