Caotico, anzi ordinato

Alberi, nuvole, dune, battiti del cuore, stormi d’uccelli e branchi di pesci. Il paesaggio in cui si muove la scienza di frontiera è popolato da oggetti ben più concreti e quotidiani dei pendoli oscillanti e delle spire percorse da corrente degli studi scolastici. Fra i suoi interessi non mancano fenomeni catastrofici come terremoti, epidemie, lingue che spariscono e tumori che si diffondono nel corpo. E la sua ricerca si orienta anche agli imprevedibili comportamenti sociali e dell’essere umano: dalle scelte che producono i crash finanziari alla topologia delle relazioni sessuali, alla crescita esponenziale di Internet. Su questo variegato panorama di ricerche ha puntato lo sguardo il convegno Frontier Science, promosso dall’Infn e dall’Università di Pavia, e coordinato da Guido Montagna, che si è chiuso l’11 settembre scorso dopo una settimana di lavori.

La parola chiave del convegno è stata “complessità”. E l’obiettivo era quello di trovare la regolarità di ciò che appare irregolare. “Non si tratta di fondare una nuova scienza”, spiega Luciano Pietronero, professore della università romana “La Sapienza” e ospite d’onore della conferenza, “ma di osservare la realtà da un punto di vista nuovo”. La fisica (disciplina rappresentata in larghissima maggioranza al convegno) ha sviluppato negli ultimi anni gli strumenti adatti a quantificare e analizzare fenomeni finora ritenuti totalmente al di là delle sue possibilità. Così problemi finora interpretati con ragionamenti quantitativi, possono ora essere ricondotti a modelli verificabili sperimentalmente. È per questo che, oltre a una sessione di fisica di base, nella conferenza ci sono state anche sessioni di scienza della vita, di economia, di geofisica e meteorologia e di reti complesse.

Effettivamente c’è un nocciolo duro di ricerche nelle quali si riconosce il timbro della fisica tradizionale. Per esempio quelle astrofisiche. Ma l’approccio è del tutto nuovo: l’immagine dell’Universo che emerge dalle ultime teorie rinnega quella classica. Lo spazio non è popolato di corpi uniformemente distribuiti. Al contrario ci sono ampi spazi di vuoto alternati a “grappoli di stelle” addensate, in una struttura irregolare (o meglio “frattale”). E l’irregolarità, stavolta delle interazioni, si ripresenta nelle strutture di rete, che compaiono ai livelli più diversi in natura. Da quella molecolare, con i network di proteine, a quello fisiologico, con le interazioni responsabili di crescita e malattia, a quello sociale, con la rete delle relazioni umane, a quello degli ecosistemi, nel quale l’umanità è solo un nodo di un complesso sistema d’interconnessioni. Anche sul versante delle scienze della vita, le questioni aperte, che si comincia a riuscire a trattare, sono molto interessanti: a cosa serve il 97 per cento di “Dna spazzatura” non codificante presente nel patrimonio genetico? Come cresce uno sferoide di cellule tumorali, e come lo si può simulare al computer? Come si diffondono le epidemie e i virus elettronici?

Ci sono buone speranze, insomma, per la scienza dei prossimi anni. A patto che sappia integrare campi nuovi e dimostrare apertura mentale. E questo convegno è andato nella direzione giusta, mostrando attenzione al pubblico dei non esperti (è stato organizzato un seminario aperto al pubblico sulla complessità nella natura e nella società) e ai giovani ricercatori, il cui sforzo è stato riconosciuto con premi e riconoscimenti per i lavori migliori.

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