Parodontite: colpa dei geni e delle cattive abitudini

parodontite

Tratti ereditari e fattori quali obesità, educazione e personalità potrebbero giocare un ruolo importante nello sviluppo di carie e parodontite (un’infiammazione delle gengive che causa sanguinamento, ascessi e perdita dei denti), patologie estremamente comuni, ma di cui non si conoscono ancora a fondo le cause genetiche. Un nuovo studio, condotto da un team internazionale, dimostra oggi che esiste un collegamento preciso tra i geni e queste patologie, che nel 2016 erano l’11esima causa di malattia nel mondo. La ricerca è basata sui risultati raccolti da 9 studi clinici internazionali a cui hanno preso parte 62mila partecipanti, oltre ai dati contenuti nella UK Biobank che includono altri 461mila pazienti: si tratta del più grande studio sulla salute dentale condotto fino ad ora. 

Geni, carie e parodontite

Durante la ricerca, il team ha analizzato specifiche parti del genoma dei partecipanti per cercare di ricollegare particolari geni a queste malattie. Dai risultati è emerso che 47 nuovi geni, tra cui quelli che codificano la formazione dei denti, della mandibola e della saliva, possono essere collegati allo sviluppo di carie, mentre un altro gene è stato invece ricollegato alla parodontite. Il link con la saliva è particolarmente interessante, in quanto questa è a sua volta responsabile della protezione della nostra bocca e da essa dipende che tipo di batteri si trovano sui nostri denti.

Altri fattori

Ma dallo studio è anche emerso come fattori cardiovascolari e metabolici, come obesità, fumo, educazione e personalità, a loro volta collegati al nostro patrimonio genetico, possono avere dirette conseguenze sulla salute dentale. “In futuro, ricerche come questa possono aiutare a identificare persone che sono a rischio di sviluppare problemi dentali,” ha concluso Simon Haworth, che ha preso parte allo studio. “Tuttavia, a prescindere dai geni, una buona igiene orale e dieta sono la prevenzione più efficace per ridurre carie e parodontite”.

Riferimenti: Nature Communications

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