Categorie: AmbienteVita

Catalogare la biodiversità, missione possibile

Riusciremo mai a catalogare tutte le specie viventi della Terra? I pessimisti rispondono di no, convinti che la maggior parte delle forme di vita esistenti si estingueranno prima di essere scoperte dagli scienziati. Più ottimista è invece il team internazionale di ricercatori guidato da Mark Costello dell’Università di Auckland, che in un articolo pubblicato su Science smentisce oggi questo scenario catastrofico. La loro critica è basata su due punti fondamentali: il numero di specie esistenti, che sarebbe sovrastimato, e il numero di tassonomisti (gli scienziati che identificano le specie) in attività, che starebbero invece aumentando in zone come Sud America e Asia. 

Alcune ricerche precedenti stimavano l’esistenza di 100 milioni di specie viventi, troppe quindi per essere catalogate in tempi utili. Nel nuovo studio, dal titolo eloquente “Can we name Earth’s species before they go extinct?”, il team di Costello ha rivisto questa stima in forte ribasso: non più 100, ma 2-8 milioni al massimo. Se si pensa che oltre un milione e mezzo di specie viventi è già stata scoperta, il lavoro non sembra ora poi così impossibile.

Inoltre, anche l’idea diffusa che il numero di tassonomisti in attività stia diminuendo sarebbe falsa. I ricercatori hanno calcolato che, tra professionisti e appassionati, oggi sarebbero infatti circa 50.000 nel mondo le persone che si dedicano alla ricerca di nuove specie, con una crescita continua in zone come Asia e Sud America, dove sono concentrate la maggior parte delle forme di vita terrestri ancora da scoprire.

“Sovrastimare il numero di specie esistenti è un atteggiamento controproducente, perché può far sembrare inutili gli sforzi che vengono fatti per scoprire e conservare la biodiversità della Terra”, spiega Costello. “E il nostro lavoro indica che è lungi dall’esser così. Noi riteniamo che aumentando anche di poco gli sforzi, la maggior parte delle specie potrebbe essere scoperta e protetta dall’estinzione”.

È quindi anche per garantire la sopravvivenza delle specie a rischio che, secondo Costello, risulta fondamentale il lavoro dei tassonomisti. Dare un nome a una nuova specie infatti fornisce un riconoscimento ufficiale della sua esistenza, e rende più facile organizzare iniziative per proteggerla. Inoltre, questi studi forniscono informazioni fondamentali sugli habitat e le abitudini degli animali, che aiutano a scegliere le migliori strategie di intervento disponibili. 

Nonostante l’ottimismo dimostrato, i ricercatori precisano che non bisogna sminuire i rischi che corre oggi la biodiversità del nostro pianeta. La caccia eccessiva, i cambiamenti climatici e i danni sofferti dagli habitat rischiano infatti di aumentare, in un futuro anche prossimo, il tasso con cui le specie viventi si stanno estinguendo. È per questo motivo, dunque, che i ricercatori sottolineano la necessità di aumentare la velocità con cui vengono classificate le nuove forme di vita. E secondo loro, potrebbe bastare un investimento di mezzo miliardo di dollari all’anno per riuscire a catalogare tutte le specie della Terra nel giro di 50 anni.

Riferimenti: Science Doi: 10.1126/science.1230318 

Credits immagine: M.J. Costello 

Simone Valesini

Giornalista scientifico a Galileo, Giornale di Scienza dal 2012. Laureato in Filosofia della Scienza, collabora con Wired, L'Espresso, Repubblica.it.

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